Disabilità, stretta su furbetti della 104

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ROMA – Dovrebbe essere un diritto, un beneficio riconosciuto dalla legge per sostenere chi si prende cura di un familiare disabile: di fatto, troppo spesso viene utilizzata come un “privilegio”, dando luogo a una sacca di “abusi” e, di conseguenza, alla “caccia ai furbetti”. Parliamo dellalegge 104/1992: in particolare, del diritto al congedo lavorativo, ma anche all’avvicinamento della sede di lavoro, che questa riconosce a chi concilia lavoro e assistenza. In altre parole, ai lavoratori che sono anche caregiver. O ai caregiver che sono anche lavoratori.

Dei “furbetti della 104” si parla ormai tanto quanto dei “falsi invalidi”: c’è il lavoratore che, in congedo per assistenza, viene sorpreso a zappare la terra, o addirittura a svolgere un altro lavoro. Tanto che non sono poche le aziende che fanno addirittura pedinare da un detective il lavoratore “in 104”, per far eventualmente valere il diritto al licenziamento per giusta causa, nel momento in cui l’abuso venisse alla luce.

Ora ci pensa anche il ministero dell’Istruzione, a mettere a punto l’annunciato sistema di controllo, al fine di combattere un fenomeno che, all’interno delle scuole, pare particolarmente diffuso. Anche perché qui l’incidenza della 104 è molto forte anche rispetto ai trasferimenti e alla scelta di sede, su cui ha avuto finora una corsia preferenziale chi avesse i benefici della 104. Stando infatti agli ultimi dati pubblicati dal Miur, ormai più di un anno fa, docente e personale Ata ricorrerebbero ai benefici della 104 in proporzioni che niente hanno a che vedere con i dipendenti delle altre aziende. Solo qualche dato: la Sardegna detiene il primato degli insegnati “con la 104”, con una percentuale del 18,27%. Seguono Umbria (17,17%) e Sicilia (16,75%). Ancor più “sospetti” sono i dati relativi al personale Ata: in questo caso, il primato spetta all’Umbria, dove addirittura il 26,27% del personale amministrativo, tecnico e ausiliario usufruisce della 104 e dei congedi e benefici da questa assicurati. Seguono Lazio (24,78%) e Sardegna (23,30%). Vale la pena di ricordare che, nelle aziende private, queste percentuali difficilmente superano l’1.5%.

E’ evidentemente impossibile stabilire dove finisca il bisogno reale e dove inizino abuso e furbizia. Sta di fatto che i numeri destano sospetti e producono, ora, le contromisure del ministero dell’Istruzione, annunciate già due anni fa dal caso-simbolo di una scuola di Menfi, in provincia di Agrigento, dove 70 insegnanti su 170 beneficiavano della 104. E’ da lì che iniziò quindi un lavoro di verifiche e controlli da parte dello stesso ministero dell’Istruzione, di concerto con l’Inps. E ora, fa sapere il sottosegretario al Miur Davide Faraone, questo sistema di controllo sarà esteso e intensificato, sia tramite convocazioni a visita da parte della commissione dell’Inps, sia tramite la verifica di come effettivamente i permessi e i benefici vengano utilizzati. Inoltre, il Miur ha messo mano alle norme sulla mobilità degli insegnanti: la precedenza sarà data ai genitori di bambini con disabilità. Questo, al fine di ridurre il “vantaggio” che gli insegnanti con la 104 hanno nei confronti dei colleghi, in sede di richiesta di trasferimento. E di ridistribuire più equamente questo diritto e questa possibilità.

Sempre in tema di 104, meno strettamente legata alla scuola ma probabilmente molto significativo soprattutto in questo settore, è il recente parere espresso dal ministero del Lavoro in materia di “ferie”. Rispondendo a un quesito della Cgil che domandava se “il datore di lavoro possa negare l’utilizzo dei suddetti permessi nel periodo di ferie programmate anche nel caso di chiusura di stabilimento”, il ministero ha riposto, in sintesi, che “la 104 non va in ferie”. Letteralmente, “tenuto conto delle diverse finalità cui sono preordinati i due istituti (permessi per assistenza e ferie, ndr), qualora la necessità di assistenza al disabile si verifichi durante il periodo di ferie programmate o del fermo produttivo, la fruizione del relativo permesso sospende il godimento delle ferie”. Per essere ancora più chiaro, il ministero precisa che “ciò comporterà, in virtù del principio di effettività delle ferie ed in analogia all’ipotesi di sopravvenuta malattia del lavoratore, la necessità di collocare le ferie non godute in un diverso periodo, previo accordo con il datore di lavoro”.

Per rispondere al quesito dell’organizzazione sindacale, quindi, il ministero fa valere “il principio della prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza e di tutela del diritto del disabile sulle esigenze aziendali”. Il che significa che “il datore di lavoro non possa negare la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, L. n. 104/1992 durante il periodo di ferie già programmate”. D’altro canto, tuttavia, il ministero ribadisce “la possibilità di verificare l’effettiva indifferibilità della assistenza”, nonché di “richiedere una programmazione dei permessi, verosimilmente a cadenza settimanale o mensile, laddove il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente le giornate di assenza”. Tutto questo però nel rispetto del “diritto del disabile ad una effettiva assistenza”. (Agenzia Redattore Sociale)

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