In libreria Consunte Mura, la ricerca dell’identità nelle fatiche quotidiane
«La scelta del titolo è un richiamo alla memoria quale storia fondata sia sulla parola scritta che sul racconto orale, ma è anche il riferirsi alla fatica del quotidiano; in esse vi è la propria identità».
E’ come una missione per Sergio Sabetta, autore genovese di diverse opere, ormai noto nella community dell’Aletti editore, salvare la parola poetica dalla distruzione, dall’attuale indifferenziazione, causati dai ritmi accelerati della modernità. E far diventare, così, la parola fonte che genera e feconda nuovi pensieri, superando la pura logica della guerra e del profitto.
Si intitola “Consunte mura” l’ultima opera pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia”, della casa editrice con sede a Guidonia (Roma), dove l’autore – cancelliere, magistrato onorario, funzionario presso la Corte dei Conti e docente universitario – ha condiviso con il lettore «preziosi ricordi, toccanti emozioni, profonde riflessioni e accurate descrizioni, utilizzando uno stile originale, musicale e forbito, che risente chiaramente di un’approfondita conoscenza dei classici». E’ quanto sottolinea, nella Prefazione, Hafez Haidar, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.
«Il poeta Sergio Benedetto Sabetta – scrive il docente e scrittore libanese naturalizzato italiano, traduttore delle famose fiabe di “Le Mille e Una notte” – canta, nella presente raccolta, gli avvenimenti che si svolgono tra le consunte mura dell’esistenza quotidiana e che danno un senso alle sue giornate. In una mattina tipicamente invernale, fredda e avvolta in un deprimente grigiore, l’autore cerca un barlume di luce e, come per incanto, compone caldi versi che gli riscaldano il cuore». E a sottolineare questi aspetti è anche l’autore, che spiega: «La scelta del titolo è un richiamo alla memoria quale storia fondata sia sulla parola scritta che sul racconto orale, ma è anche il riferirsi alla fatica del quotidiano; in esse vi è la propria identità».
Con uno stile forbito e classico viene dipinta un’immagine bucolica della vita. Vi è un continuo richiamo alla Natura quale Madre in cui appoggiarsi, talvolta mitica altre volte attuale. «In questo incontro – racconta Sabetta – vi è lo specchio dell’essere, dove gioie e dolori si incontrano in un gioco delle parti. In uno slancio dalla memoria del passato, mito fuso nella realtà storica attuale in un’impossibile scissione». L’autore, che vanta varie pubblicazioni, in questa opera mette in risalto il ruolo della poesia che diventa «riflessione e, quindi, costruzione di una propria identità e, per tale via, resistenza morale. E’ il proseguo – afferma Sabetta – della ricerca di una identità che venga a superare il puro appiattimento sui modelli econometrici attuali, dove tutto si appiattisce in una semplice edonistica consumazione».
Ma come può la poesia salvare dalla frenesia indistinta del progresso? «La parola – sostiene l’autore – non può di per sé contrastare vittoriosamente la globalizzazione quale appiattimento dello spirito, ma sono le stesse contraddizioni insite nell’attuale modello di sviluppo, come del resto in altri modelli, che permettono alla parola di divenire scoglio a cui ancorarsi nel riflusso del mare». Allora, ecco che la forza espressiva delle liriche è quella di accompagnare il lettore in una riflessione, talvolta malinconica altre volte allegra, comunque sempre costruttiva. «Un sasso – lo definisce Sabetta – lanciato nel mare magno che si espande lentamente in onde successive. La riflessione – conclude – è anche risultato di un osservare le dinamiche degli ambienti lavorativi e familiari, dei conflitti e delle alleanze dei dialoghi e dei silenzi, del sottintendere».