Gaza: aspetta per due mesi l’autorizzazione per essere trasferito, muore a 5 anni. Di cancro e di burocrazia

Mahmoud. (Foto da wearenotnumbers.org)

Capelli bruni, occhi vispi e un sorriso dolce. Che ora sono solo un ricordo. Mahmoud è morto a cinque anni in un ospedale di Gaza. Era ammalato di cancro ma ad ucciderlo non è stata (solo) la malattia. Perché a Gaza possono facilmente diagnosticarle certe malattie, non curarle. Ed è stato così per il linfoma che ha colpito il piccolo palestinese.

La storia di Mahmoud risale al 2015 ed è stata raccontata da Said Al-Yacoubi, 23 anni, è uno studente di medicina dell’ultimo anno presso l’Università islamica di Gaza, su wearenotnumbers.org, sito gestito da giovani palestinesi nell’ambito di un progetto dellEuro-Mediterranean Human Rights Watch.

“La prima volta che visto Mahmoud è stato nella sala 3 del Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale Europeo di Gaza. Era seduto a terra, faceva colazione e sorridevascrive Said Al-Yacoubi. “Mio figlio non vuole saperne di mettersi aletto, accetta di essere malato ma non gli piace sentirsi un paziente” gli confida la madre.

Per le due settimane successive Said Al-Yacoubi lo rivede altre volte, mentre gioca con i suoi giocattoli, mentre scherza con altri ragazzini. Tutti gli sono affezionati e sperano solo il meglio per quel piccolo ometto.

Mahmoud aveva iniziato a star male già qualche anno prima a causa di attacchi asmatici e infezioni polmonari. Poi la terribile diagnosi.

Un giorno Mahmoud è tornato da scuola con il collo gonfio e una tosse insistente, è stato il giorno peggiore della mia vita“, ricorda la madre. Dopo vari esami, test e visite mediche si scopre che Mahmoud aveva un tipo di cancro chiamato linfoma, che era già in uno stadio avanzato e si stava diffondendo in tutto il suo copro.

“Non c’è niente che possiamo fare qui per aiutarlo. Dovremo fare domanda e chiedere l’autorizzazione per trasferirlo”. Le parole del medico sono taglianti come lame per la donna.

“A volte, a causa della carenza di farmaci, l’assenza di una corretta tecnologia o la mancanza di competenze specifiche causate dal blocco israeliano – spiega Said Al-Yacoubi –  il nostro sistema sanitario di Gaza è inadeguato per il trattamento di alcuni pazienti, che devono essere trasferiti in Cisgiordania o in Israele”. Il che significa sottoporre i familiari a un’attesa lunga e snervante: l’Autorità palestinese (PA) deve accettare di coprire i costi economici per le cure necessarie, un ospedale deve accettare il ricovero del paziente e il governo israeliano deve dare il permesso per attraversare il valico di Erez.  

Inizia la logorante attesa. Dopo 45 giorni la PA acconsente di pagare le spese per il trsferimento e anche un ospedale di Israele si dice disponibile ad accogliere il bambino. Manca solo una telefonata. La più importante. Quella del governo israeliano. Senza permesso non si parte.

Quando una settimana dopo Said Al-Yacoubi torna in ospedale, il letto di Mahoumod è vuoto. Il piccolo è morto. Di cancro. “E di burocrazia, non di guerra” sottolinea Said Al-Yacoubi.

Troppi pazienti muoiono nell’attesa di ricevere permessi e via libera, a Gaza. “Ho sempre creduto – scrive Said Al-Yacoubi – che fosse colpa del governo israeliano, dal momento che controlla e limita l’apertura delle nostre frontiere. E certamente ha avuto responsabilità nella tragica morte di Mahmoud. Ma è stata anche colpa nostra (dei palestinesi, ndr). Abbiamo ritardato una decisione sulla copertura finanziaria del suo trasferimento per più di sei settimane. A quel punto, era già troppo tardi. Non conosco – conclude Said Al-Yacoubi – le ragioni che hanno causato il ritardo nella decisione di Mahmoud, ma qualunque essi siano, non sono giustificate. A causa del ritardo, Mahmoud è andato. E nel frattempo, altri come lui sono ancora in attesa”.

Francesca Caiazzo