Carlo Masi, da pornodivo gay a professore alla Sapienza

foto da www.queerblog.it

ROMA – “Se ho deciso di intraprendere questa strada non è certo per soldi. Guadagno meno di quanto pago la donna delle pulizie. Ciò che mi muove è la passione”. Ruggero Freddi racconta all’agenzia Dire la sua vita. Lo fa in auto nel tragitto che separa la facoltà di Ingegneria de La Sapienza di Roma, dove insegna Analisi 1, e la stazione Termini, dove a breve salirà su un treno direzione Milano per un’intervista con Barbara D’Urso a ‘Pomeriggio Cinque’. Sì perché da qualche giorno si parla molto di lui, del professor Ruggero, da molti conosciuto come Carlo Masi.

Ruggero – due lauree, una in Ingegneria l’altra, recente, in Matematica – parla di passione, la stessa che anni fa lo spinse nel mondo dell’hard. Poco dopo la prima laurea infatti diventò un’icona del cinema porno gay: “Ho deciso di intraprendere quella carriera anche come riscatto sociale- racconta- venivo da una famiglia molto umile e volevo guadagnare un po’ di soldi”. Da lì il successo fu quasi immediato. “La mia fama era arrivata a superare quella della mia casa di produzione e a circa 32 anni decisi di cambiare. Lasciai quel mondo quando ero all’apice preferendo non avviarmi a un lento declino. Ma vado fiero di quello che ho fatto e non lo rinnegherò mai”.

“Ripresi in mano la mia prima passione, la matematica. Dopo la seconda laurea iniziai la carriera da ricercatore e mi feci largo tra pregiudizi e bigottismi”, perché purtroppo gli omofobi si annidano in tutte le sfere della società, anche quelle accademiche”. Eppure “andai avanti perché nessuno può dirti cosa puoi o non puoi fare o dove puoi o non puoi arrivare“. E Ruggero ci prova anche questa volta ma non a tutti i costi: “Continuerò a insegnare matematica finché avrò qualcosa dire. Tutti sappiamo come la carriera accademica in Italia sia complicata e non ho intenzione di arrivare a 60 anni ancora in attesa della cattedra”.

“I ragazzi sono visibilmente divertiti e io sono un tipo simpatico. Ma parlo di matematica, non di altro e non di me stesso. Quindi va bene essere alla mano e non troppo formali ma bene mettere paletti e stabilire giuste distanze”. Rapporti sereni anche con gli altri professori e con l’ateneo. “Non ho avuto problemi e non ci sono stati casi di omofobia, tranne un solo episodio spiacevole: il Dipartimento pochi mesi fa mi convocò per chiedermi spiegazioni perché invitai i ragazzi ad andare al gay Pride. Eppure non c’erano ragioni politiche né di natura sessuale dietro, ma solo un’esigenza di sensibilizzare il prossimo verso i diritti dei gay”. Di tutta risposta “ho deciso di organizzare – in occasione della giornata mondiale contro l’Aids, 1 dicembre – un incontro qui in facoltà. Feci la stessa cosa nel lontano 2001, solo che allora- sorride- ero uno studente…”. (di Ugo Cataluddi, per DIRE)

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