Thailandia: deride cane del re e rischia 37 anni di carcere

Thanakorn Siripaiboon

Thanakorn Siripaiboon

BANGKOK – Anche il sarcasmo può essere reato in Thailandia, soprattutto se indirizzato al re o ai componenti della famiglia reale. Cani Compresi. È successo, infatti, che – come racconta Human Rights WatchThanakorn Siripaiboon, operaio 27enne, sia stato accusato dalle autorità militari di aver insultato la monarchia ed essersi reso responsabile del reato di lesa maestà per aver preso in giro, con alcuni commenti ironici, il cane del re su Facebook. E non è tutto. L’uomo è accusato anche di sommossa per alcuni post online in cui faceva riferimento a un presunto coinvolgimento dei membri del Consiglio nazionale di Governo per la Pace e l’Ordine (NCPO) in un caso di corruzione. Se ritenuto colpevole di entrambi i reati, Thanakorn potrebbe essere condannato fino a 37 anni di carcere.

“Le accuse contro Thanakorn mostrano come le autorità militari stiano reprimendo la libertà di espressione in nome della tutela della monarchia“, ha dichiarato Brad Adams, direttore per l’Asia di Human Rights Watch. “L’abuso della legge sulla lesa maestà ha raggiunto l’assurdo con la denuncia di un operaio accusato di aver offeso la monarchia insultando il cane del re.” In realtà per essere accusati di lesa maestà basta ancora meno. Come ha dichiarato in un’intervista il 9 dicembre, il Magg. Gen. Wicharn Jodtaeng, capo dell’Ufficio giuridico della NCPO, sono sufficienti “un commento, una condivisione un “Mi piace” su Facebook su contenuti che le autorità considerano offensivi per la monarchia per essere perseguiti”.

D’altronde, punire chi si macchia di questo “reato”, sembra essere diventata la priorità del governo guidato dal Generale Prayut Chan-ocha.  Dal colpo di stato del maggio 2014, si sono verificati almeno 56 casi di accuse per lesa maestà, di questi ben 43 sarebbero avvenuti online.

arresto operaio che ha insultato cane del re

Il codice penale thailandese prevede la reclusione da tre a quindici anni per chiunque diffami, insulti, minacci il Re, la Regina o l’erede reggente, tuttavia negli ultimi anni, sia il governo che i tribunali hanno interpretato la legge in maniera molto arbitraria. Nel maggio 2013, ad esempio, la Suprema Corte, ha condannato un uomo per alcuni commenti sul bisnonno dell’attuale monarca, asserendo che aver diffamato l’ex re (che regnò dal 1851 al 1868) avrebbe potuto nuocere anche all’attuale re.

Già nel 2011, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione aveva dichiarato come le leggi sul reato di lesa maestà fossero “vaghe e troppo estese, e che le dure sanzioni penali non apparivano né necessarie né proporzionate per tutelare la monarchia o garantire la sicurezza nazionale“.

Dal settembre 2015, coloro i quali sono accusati di aver commesso lesa maestà sono detenuti in isolamento in una struttura carceraria militare di Bangkok. In seguito alla morte di due reclusi, alcuni attivisti per i diritti umani avevano chiesto di poter visitare il carcere per esaminare le condizioni di detenzione ma il governo ha negato l’autorizzazione.

Per il reato di lesa maestà, i Tribunali militari stanno emettendo sentenze di condanna molto più severe di quelle che venivano emesse dai tribunali civili prima del colpo di stato. Nel mese di agosto, il tribunale militare di Bangkok ha condannato Pongsak Sriboonpeng a 60 anni di carcere per alcuni messaggi postati su Facebook. La pena è stata poi ridotta a 30 anni quando si è dichiarato colpevole. Si tratta della condanna più pesante di sempre per questo tipo di reato in Thailandia.

Re Bhumibol Adulyadej

Il re della Thailandia

Bisogna sottolineare che né il monarca thailandese, re Bhumibol Adulyadej, né alcun membro della famiglia reale ha mai personalmente presentato denunce per lesa maestà. Durante il suo discorso compleanno, nel 2005, il re ha dichiarato di non sentirsi di sopra delle critiche. “In realtà, devo anche essere criticato.  Perché se si dice il re non può essere criticato, vuol dire che il re non è umano. Invece, anche il re può sbagliare e commettere errori“, ha detto. Nonostante le dichiarazione di Bhumibol Adulyadej, la polizia, i pubblici ministeri, i tribunali e le altre autorità statali temono che l’essere più indulgenti nei confronti di chi si rende responsabile di lesa maestà possa valere per loro stessi l’accusa di slealtà verso la monarchia.

Redazione