Padoan: “Rischio Schengen più pericoloso della crisi dell’euro”

ROMA – “L’Europa sta rischiando forse come non ha mai rischiato da quando è stata inventata”. Lo dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo a un convegno alla facoltà di Economia alla Sapienza. “Ho imparato in questi mesi che l’ingrediente di cui c’è più bisogno in Europa è la fiducia reciproca. Innanzitutto un paese deve fare la sua parte e rispettare le regole che ci sono – spiega – e poi ridiscutere le regole allo stesso tavolo in condizioni di parità”.

Rischio Schengen più pericoloso della crisi dell’Euro. “In Europa è in discussione il trattato di Schengen e questo è più pericoloso della crisi dell’euro di qualche anno fa”, afferma Padoan. E questo perché, spiega, “mette al centro non performance economiche ma vere e proprie visioni nazionali che rischiano di prevalere”.

Dai migranti spinta positiva alla crescita. Sempre per il ministro Padoan, “non è vero che l’Europa è destinata a una scarsa crescita perenne, il flusso dei migranti del Medio oriente può essere una spinta positiva per la demografia con l’arrivo di giovani con un buon grado di istruzione”.
Per gestire il flusso dei migranti in Europa serve tuttavia “uno sforzo finanziario significativo e duraturo”. “Avere frontiere efficienti non significa alzare muri ma avere buoni rapporti con i paesi confinanti extra europei”, ha aggiunto Padoan.

Il ministro dell’Economia è tornato a sottolineare anche l’importanza di avere in Europa un unico ministro delle Finanze a patto che non sia solo un guardiano dei conti. E con ciò – ha sottolineato -, “premetto che non sto cercando un nuovo lavoro”.
Parlando poi di banche e rischi, ha aggiunto: “Nell’Unione bancaria manca ancora la condivisione del rischio e molti paesi temono i free raider: lo dico in romanesco, hanno paura che qualcuno faccia il furbo”.
Questo, spiega, è “un timore profondamente radicato nel dibattito europeo che testimonia la scarsa fiducia che è un elemento che va oltre i tecnicismi”. Padoan ha ricordato che con l’Unione bancaria si sta facendo “uno sforzo istituzionale gigantesco con una velocità sorprendente” visti i tempi di reazione della burocrazia di Bruxelles. “Nel 2010 con la crisi della Grecia – ha insistito – l’Unione bancaria non c’era e non era neanche in agenda: oggi siamo più o meno a metà del guado. Manca ancora una assicurazione comune dei depositi”. Per il numero uno di via XX settembre l’Unione monetaria “non ha a che fare solo con la moneta ma anche con la crescita e l’occupazione”. (Agenzia Redattore Sociale)