Mastruzzo: Italia, due pesi e due misure?

di Massimo Mastruzzo, Direttivo nazionale M24A-ET Movimento per l’Equità Territoriale

Al governo, ai governi, sembra non passare proprio per la capa che, fatta l’Italia, gli italiani sono ancora lì ad aspettare di capire cosa farsene di questa Italia. Così l’idea di offrire ad un Mezzogiorno con poca occupazione, minori redditi, minori infrastrutture, un reale progetto di riequilibrio della condizione sociale, come peraltro previsto dall’art. 3 della Costituzione, e dalle indicazioni dell’UE dello stesso PNRR, sembra non essere un pensiero politicamente spendibile per i partiti che nel tempo si sono avvicendati nelle maggioranze dei vari governi.

L’equilibrio economico tra Nord e Sud, consentirebbe all’Italia di tornare sulla scena Europea con un vestito che a giacca e cravatta impeccabili non abbini un calzone corto e pure stropicciato. Questo chiaramente comporterebbe fin da subito che per ogni metro di ferrovia al nord, almeno tre/quattro venissero realizzate nel Mezzogiorno, così come per ogni altra infrastruttura pubblica; che le grandi imprese industriali invece di essere addensate tutte nel Nord vengano distribuite, incentivandole, su tutto il territorio, fino ad arrivare progressivamente ad una economia equamente suddivisa su tutto il territorio nazionale. Purtroppo a quanto pare questa ipotesi non rientra nei piani dei governi nazionali che preferiscono “accontentare” le diverse latitudini con il più rassicurante mantenimento dello status quo.

Capita così che mentre circa 30 chilometri di realizzazione del doppio binario insieme alla modernizzazione dell’Adriatica sono stati bloccati dalla Commissione tecnica dell’Ambiente che ha espresso parere negativo sul raddoppio del binario appellandosi alla tutela del fratino e della ghiandaia marina (nonostante nessuna delle due specie avifaunistiche nidifica sul tracciato dei treni, né il fratino né la ghiandaia marina nidificano lungo il tracciato oggetto di intervento da parte di Rfi per risolvere l’ormai famigerato “imbuto” al confine tra Molise e Puglia che paralizza la tratta adriatica). Un collo di bottiglia rimasto immutato da quando lo inaugurò Vittorio Emanuele II nel novembre del 1863 (159 anni fa) e, soprattutto, rimasto l’unico tratto ancora a binario unico della dorsale ferroviaria Adriatica.

Qualche centinaio di chilometri più a nord, dove le infrastrutture abbondano e il consumo del suolo e realisticamente e concretamente un problema reale, un grave impatto ambientale rischia di essere provocato dalle opere previste per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026.

L’allarme è stato lanciato da diverse associazioni di protezione ambientale riunite in un tavolo di lavoro congiunto. Un allarme messo nero su bianco e sottoscritto dai presidenti di otto associazioni ambientaliste: “L’impressione – spiegano le associazioni – è che si punti al commissariamento straordinario degli interventi per recuperare l’evidente ritardo sulla tabella di marcia dei lavori, tutto ciò a scapito degli impatti ambientali che le opere in corso e in progetto avranno sui territori”.

Rischio di ripetermi, ma questo è un altro esempio di come forza e peso politico di un territorio, così come forza e potere economico non solo non sono garanzia di legalità, ma fanno oggettivamente del male al proprio territorio, per l’ovvia insostenibilità ambientale, che diventa autolesionismo per la salute pubblica del territorio stesso, a causa di un surplus insostenibile di opere e infrastrutture, mentre altrove la carenza è la condizione che contraddistingue negativamente il territorio.