Le famiglie italiane spendono 140 euro al mese per curarsi

Antonello Maruotti (Lumsa): “Il 75% circa delle famiglie mette mano al portafoglio per pagare servizi medici, dalle visite ai farmaci”

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Le famiglie italiane che mensilmente superano la soglia del 20% dei consumi non essenziali per pagare le cure mediche, ovvero quelli totali meno quelli per i generi alimentari, sono 1.348.473, pari al 5,17% delle famiglie italiane“. Lo spiega all’agenzia Dire il professor Antonello Maruotti, docente di statistica all’università Lumsa di Roma e autore, insieme al ricercatore Pierfrancesco Alaimo Di Loro e Kathleen Johnson dell’Università della West Virginia, di uno studio che mette a nudo tutte le criticità del federalismo in ambito sanitario.

LE DIFFERENZE REGIONALI

“Ovviamente- precisa- c’è una caratterizzazione regionalesi passa dal 3,07% della Toscana, con 50.841 famiglie, al 9,14% della Calabria, con 73.634 famiglie. Il sud, in generale, è quello che presenta un numero in termini relativi di famiglie che tendono a spendere molto della propria quota di consumi per spese sanitarie. In Basilicata, su 17.035 famiglie, la percentuale è pari al 7,26%, mentre in Sicilia, con 133.878 famiglie prese in esame, la percentuale è del 6,67%“.
Com’è la situazione al nord? “In Lombardia le famiglie che sostengono costi sanitari oltre il 20% della capacità di spesa è pari al 5,60% sono 252.607. In Veneto la percentuale arriva a quota 5,99% su un totale di 125.194 famiglie”.
“Siamo partiti dai dati dell’Istat sui consumi delle famiglie italiane– informa poi Maruotti- e ci siamo concentrati su due fenomeni: il primo è quello che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce ‘spese catastrofiche’, ovvero quando i consumi per le spese mediche superano una certa soglia, che è variabile, dipende dal grado di sviluppo del Paese”.
Il docente tiene però a sottolineare che “bisogna fare attenzione, perché osservare i numeri assoluti non ha molto senso. In Lombardia, in Piemonte e in Veneto queste percentuali sono più basse, nel Lazio parliamo di 119.600 famiglie, un numero importante, una percentuale pari al 4,51%. In Calabria, in percentuale, sono numerose le famiglie che si trovano tutti i mesi a dover spendere una buona fetta dei propri consumi per spese sanitarie“.

L’IMPOVERIMENTO

Il secondo tema attenzionato dai ricercatori è quello relativo all’impoverimento. “Una volta che le famiglie hanno sostenuto le spese mediche di tasca propria, quelle ‘out of pocket’– informa- queste famiglie si potrebbero ritrovare al di sotto della soglia di povertà relativa. Per fortuna non è un fenomeno così vasto: al nord è quasi risibile, siamo sempre sotto l’1% delle famiglie che rischiano l’impoverimento”.
Leggendo i dati, si tratta di Piemonte (18.988 famiglie, pari a 0,95%), Valle d’Aosta (112 famiglie, pari a 0,18%), Lombardia (36.052 famiglie, pari a 0,80%), Trentino Alto Adige (2.094 famiglie, pari a 0,45%), Veneto (11.153 famiglie, pari a 0,53%), Friuli Venezia Giulia (4.367 famiglie, pari a 0,78%) e Liguria (4.809 famiglie, pari a 0,63%).
Poco sopra l’1% troviamo l’Emilia Romagna (20.562 famiglie, pari a 1,02%), la Toscana (17.085 famiglie, pari a 1,03%) e le Marche (6.962 famiglie, pari a 1,08%).
Il fenomeno è molto più evidente al sud ma anche in questo caso Maruotti invita a distinguere tra numeri relativi e numeri assoluti. “I primi ci dicono dove è presente un problema, i secondi ci danno la portata del problema. Ad esempio, in Calabria le famiglie a rischio impoverimento sono 34.960, pari al 4,34%, percentuale che in Sicilia scende al 2,57% con 51.666 famiglie prese in esame. Le cose non vanno bene nemmeno in Basilicata, dove si registrano 9.159 famiglie a rischio impoverimento, pari al 3,91%, in Campania, che di famiglie a rischio impoverimento ne ha 61.172, pari al 2,79%, e in Molise, che presenta 3.791 famiglie a rischio povertà, pari al 2,91%”.

IL ‘MORAL HAZARD’

Il docente di statistica all’università Lumsa di Roma accende poi i riflettori sul fenomeno del ‘moral hazard’, il cosiddetto ‘rischio morale’: “In tutto questo- sottolinea- c’è la variabile ‘assicurazione privata’, che si stipula per due motivi: perché si sta male, e quindi si sa che si andrà a pagare per spese mediche e ci si vuole proteggere contro eventi avversi, oppure perché non si vuole correre rischi e avere un’assicurazione porta poi la persona a utilizzare i servizi. Ad esempio, se sono assicurato faccio gli esami del sangue tutti i mesi, se non lo sono li faccio ogni sei mesi perché hanno un costo“.
“Avere una assicurazione- dice inoltre- non influisce sul peso delle spese sanitarie e non influisce su quanto si spenda rispetto ai consumi ma influisce sulla probabilità di spendere o meno. Questo significa che se una persona è assicurata si approccia con maggiore probabilità all’utilizzo dei servizi sanitari. Quanto spende non dipende più da quanto paga per l’assicurazione ma dalle condizioni di salute”.

L’ARTICOLO 32 DELLA COSTITUZIONE

L’articolo 32 della Costituzione recita che ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’. “Non è così- conclude- perché in media ogni famiglia italiana spende circa 140 al mese, con picchi anche elevati, che superano i 2.000 euroIl 75% circa delle famiglie mette mano al portafoglio per pagare servizi medici, dalle visite ai farmaci“. (Agenzia DIRE)