Jonny: pressioni, coperture e fuga di notizie. Gratteri in Commissione Antimafia: “Un centro di potere interessato al Cara S.Anna?”

“C’era qualche centro di potere interessato ad accendere i riflettori sul Cara di S.Anna?” Lo ha detto il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, in audizione oggi pomeriggio davanti alla Commissione parlamentare Antimafia nel corso della quale ha ripercorso le fasi dell’inchiesta Jonny – che ha portato in carcere 68 persone – al centro della quale vi è proprio la gestione della struttura di accoglienza rimasta in mano per anni alla Misericordia di Isola di Capo Rizzuto e sulla quale avrebbe messo le mani la cosca Arena: alla potente famiglia di Ndrangheta sarebbero stati destinati quasi un terzo dei fondi destinati all’accoglienza dei migranti.

Facendo rifermento ad alcuni articoli di stampa, e in particolare all’inchiesta del settimanale “L’Espresso” che parlò proprio delle anomalie nella gestione del centro del crotonese, il magistrato ha spiegato che quel servizio arrecò “un grande danno” alle indagini perché gli indagati, allarmati da quanto pubblicato dalla testata, iniziarono ad essere più accorti nell’uso dei telefoni per timore di essere intercettati e da allora, per un lungo periodo, “abbiamo avuto solo il buio”. Non ce l’ha con i giornalisti, Gratteri, ma con chi ha passato le informazioni: “Quale centro di potere era interessato al Cara?” ripete nuovamente.

In merito alle presunte coperture che la Fraternita di Leonardo Sacco, ora in carcere, Gratteri non si sbilancia ma fa l’esempio dell’ultima gara per l’affidamento della gestione del centro di accoglienza S. Anna: “Ci sono intercettazioni dalle quale si evince che una delle tre componenti della commissione di gara non era d’accordo con l’affidamento alla Quadrifoglio, era nervosa ed esce fuori dalla commissione. Quale fu la discussione? Chi c’era dietro che faceva pressioni?”. Il procuratore di Catanzaro conferma che le indagini su questo fronte vanno avanti anche se ammette di non essere “positivo sul risultato di questa indagine” perché “quando si interviene dopo è difficile individuare i responsabili” a meno che qualcuno degli arrestati non decida di parlare. (F.C.)