In libreria “L’arpa incantata”, vera ode alla bellezza del Creato

Il poeta Attilio Muscolino – scrive nella Prefazione Hafez Haidar – ama incondizionatamente madre natura, scrigno dei suoi sogni, delle sue brame e dei suoi sentimenti, musa dei suoi versi, ispiratrice delle sue riflessioni e delle sue immaginazioni.

La natura che culla i ricordi della fanciullezza, che viaggia tra passato e presente, offre nei versi di Attilio Muscolino, poeta originario di Merano (Bolzano), un fluido scorrere del tempo, un insieme di profonde meditazioni filosofiche che testimoniano un grande amore per il Creato e il Creatore. L’opera dell’autore, che vive a Bolzano, si intitola “L’arpa incantata” ed è pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «È stato il ricordo del “L’arpa birmana”, film di Kon Ichicawa del 1966, – racconta Muscolino -, già dirigente amministrativo nelle Pubbliche Amministrazioni – a suggerire il titolo alla silloge. Il vibrato della cetra, dal suono ieratico, morbido, pensoso, consolatorio, talora teneramente elegiaco nel ricordo d’una patria lontana o degli affetti perduti, è in quel film, con le sue immagini sonorizzate, e nei versi, resi viventi e trasfigurati dalla lettura ad alta voce, riaffermazione dell’uomo nella sua essenza più profonda, quale irradia e s’impone dall’immoto e infinito silenzio».

«Il poeta Attilio Muscolino – scrive nella Prefazione Hafez Haidar, candidato, negli anni scorsi, al Nobel per la Pace e per la Letteratura – ama incondizionatamente madre natura, scrigno dei suoi sogni, delle sue brame e dei suoi sentimenti, musa dei suoi versi, ispiratrice delle sue riflessioni e delle sue immaginazioni. In essa cerca la quiete e la pace e trova la spinta per spiccare il volo verso le alte mete del pensiero e la forza per catturare le stelle e le alte comete».

I versi si ispirano alla realtà fenomenica in tutti i suoi aspetti, mai dimenticando che, come per la filosofia greca, l’evento che dà colore all’esistenza e, quindi, avente valenza comportamentale, è la morte. La morte intesa non come un precipitare nel nulla, ma come elemento armonico nell’Essere. «Le mie poesie, storia d’una coscienza e delle sue meditazioni, – spiega l’autore – sono state disposte secondo un itinerario che porta, prima, ad un giudizio di credibilità verso il Verbo che era in principio e, poi, trattano della fede nel Cristo». E, nell’opera, la religione riveste un ruolo catartico. «La fede – afferma il poeta, candidato Maestro di scacchi e presidente emerito di un Circolo bolzanino – è l’atto d’accettazione d’un assunto, non per intrinseca evidenza o diretta conoscenza, ma per l’autorità d’una o più testimonianze ritenute sufficientemente valide. In particolare, la fede cristiana si materializza in un atteggiamento di fiducia in Gesù, quale portatore d’un divino mistero, e nell’accettazione della sua parola: poiché in lui il Verbo si è fatto carne. Ne consegue, per ogni credente, l’abbandono fiducioso nelle mani di Dio, che non mente, né può mentire». E, su questo aspetto, si sofferma anche don Paolo Renner, nella Postfazione. «Le liriche di Attilio – scrive il professore ordinario di Scienze della religione e teologia fondamentale presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone, nonché direttore dell’Istituto De Pace Fidei di Bressanone e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bolzano – rappresentano in tal modo anche una sorta di terapia complementare. Ci guariscono dalla fretta, dalla volgarità, dalla prepotenza, per riaffidarci a rapporti garbati e delicati con quanto e quanti ci circondano e intessono momenti essenziali del nostro cammino vitale».

I versi trasudano, in maniera armonica, bellezza e bontà. E’ questo che il poeta vuole far emergere negli aspetti stilistici delle sue liriche. «Il poeta è un piccolo artigiano che scava in sé stesso alla ricerca di frasi armoniche, da cui irradino minuzzoli di bellezza. Se vuole essere poeta veramente può avere un solo stile, o meglio stilema, il suo». E, a proposito di bellezza e ricerca di armonia, alcune poesie sono arricchite dalla presenza di illustrazioni, a cura del Maestro Giorgio Trevisan. «Pragmaticamente parlando – sostiene l’autore – la bellezza è percezione, o più precisamente, appercezione d’incantevoli sensazioni pervenute dall’osservazione fenomenica. Diamo perciò – mi sono detto – spazio anche all’arte della pittura, oltre che a quella della poesia». E’ un messaggio di fede l’opera di Muscolino. Ma non solo. E’ voce del paradigma umano. E’ un messaggio d’amore. «Imparate ad amare ed amate. Credenti e non credenti. Quando la vita terrena comincia ad appassirsi, dolci restano solamente i ricordi dei nostri atti d’amore e gli zampilli di questa limpida fonte che le residue forze permettono».