Francesco in Africa, il viaggio visto dagli africani

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In esclusiva da News from Africa


NAIROBI – Il viaggio in tre stati africani appena concluso da papa Francesco ha lasciato un segno indelebile in un continente martoriato da enormi disparità economiche, conflitti etnici e religiosi e corruzione endemica. Il Papa – che ha visitato Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana, stato lacerato dalla guerra – ha condannato la corruzione e le ingiustizie che aggravano la povertà e le espropriazioni di terreni. Ciò che tutti si augurano è che i leader di queste nazioni ascoltino i suoi messaggi e rendano il continente un po’ migliore.

“Vi invito ad essere umili. Siamo tutti uguali di fronte a Dio”, ha detto il papa durante la visita in Kenya. Ha poi dato prova della sua semplicità scegliendo delle automobili semplici per spostarsi durante. Al contrario delle autorità che lo hanno ospitato, che viaggiano su macchine costosissime, il valore delle auto scelte dal papa si aggira intorno ai 14 mila euro. “Sarebbe bello se i nostri leader prendessero esempio dal papa e spendessero più sulla sanità e meno in macchine lussuose”, si augura Maurice Otieno, un keniano presente alla messa papale all’Università di Nairobi.

Durante l’incontro alla State House (la residenza ufficiale del presidente a Nairobi) il papa ha ricordato senza mezzi termini a Uhuru Kenyatta e ad altri dignitari che il loro compito è prendersi cura dei poveri e sostenere le ambizioni dei giovani. “Vi esorto a lavorare con integrità e trasparenza per il bene comune, e a favorire uno spirito di solidarietà ad ogni livello della scala sociale”, è stata la speranza del papa.
La risposta del presidente Kenyatta, che prima della visita papale aveva effettuato un rimpasto governativo, togliendo le cariche ai ministri accusati di corruzione, è stata: “Noi tutti in quanto nazione vogliamo come lei combattere la corruzione, che sacrifica vite e deturpa l’ambiente nel perseguimento di profitti illegali. Le chiediamo, Santo Padre, di pregare per noi mentre ci battiamo in questa lotta”.

Durante il suo viaggio in tre paesi il papa ha sottolineato l’importanza dei valori tradizionali, dicendo che “il benessere di ogni società dipende dal benessere all’interno delle sue famiglie”. Ha esortato gli africani a battersi per la pace e la riconciliazione, contro le violenze dell’estremismo religioso. Ha sollecitato al dialogo fra religioni verso l’eliminazione di tensioni tra fedi diverse. Nello specifico, in Kenya ha chiesto la fine del tribalismo, causa delle violenze post-elettorali nel 2007-2008. L’ultimo giorno in Kenya, rivolgendosi ai giovani nello stadio Safaricom di Kasarani, Francesco è stato molto duro nei confronti del tribalismo, definendolo “distruttivo”. “Il tribalismo può sopravvivere solo se c’è un orecchio, un cuore e una mano. Se non dialogate fra voi, se non vi ascoltate, allora resterete divisi come granelli di polvere. E permetterete al tribalismo di ingrandirsi come un verme nella società. Il tribalismo passa attraverso l’orecchio e va fino al cuore, che a sua volta fa reagire la mano. Vi ritroverete con le mani dietro la schiena che stringono un sasso pronte a colpire gli altri”.

Francesco ha poi incoraggiato i keniani ad imparare ad apprezzare le diversità di ogni cultura, e a non fermarsi agli stereotipi. In particolare ai giovani ha chiesto di lasciar perdere la droga e di scegliere un “percorso di prosperità”. Sempre ai giovani ha ricordato che la terra in cui vivono è piena di sfide, e sta a loro affrontarle perché non diventino ostacoli al progresso. “Ci sarà sempre qualcosa che vi attirerà verso il male, ma ci sarà anche sempre qualcosa in voi: la capacità di decidere quale strada prendere“, ha affermato.

A Kampala, in Uganda, il Papa ha celebrato la messa di fronte a centinaia di migliaia di persone ed ha pronunciato un discorso davanti al sepolcro cattolico di Munyonyo, dedicato ai martiri cristiani morti per la fede nel XIX secolo. Il sepolcro commemora 45 martiri bruciati vivi nel 1886 per ordine di Re Mwanga II del regno di Buganda, che era allarmato dalla crescente influenza del Cristianesimo. Secondo gli storici a decidere il destino dei martiri fu il loro rifiuto alle avances sessuali del re. Papa Francesco ha lanciato un messaggio di riconciliazione, esortando ad aprirsi al dialogo con “coloro che ci sono ostili” nelle comunità locali e in tutta la regione lacerata dal conflitto.

Nella Repubblica Centrafricana ha invitato le parti in conflitto a deporre le armi e ad armarsi di “giustizia, amore, misericordia e pace vera”. Il paese è da anni devastato dalle violenze fra ribelli musulmani e milizia cristiana. Il presidente provvisorio Catherine Samba-Panza ha chiesto al Santo Padre perdono per le recenti violenze fra gruppi religiosi nel paese. La visita di Francesco è non solo la prima di un pontefice in una zona di guerra, ma anche un segnale cruciale dal mondo esterno a questa nazione martoriata alla quale una figura di tale importanza è venuta a portare un messaggio di pace.