Facebook blocca la pagina di confronto tra medici sul covid, Andreoni: algoritmo Fb? Spero non sia ‘no vax’…

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Foto di Free-Photos da Pixabay 

Se non fosse che da circa due anni il mondo intero sta combattendo una durissima battaglia contro il Covid-19, si potrebbe usare l’ironia per commentare quanto stabilito dall’algoritmo di Facebook, che ha bloccato ed oscurato un portale di un gruppo 100mila medici, scambiando per fake news discussioni scientifiche relative a studi pubblicati proprio contro il coronavirus.

È dunque possibile ipotizzare che l’algoritmo del social media di Mark Zuckerberg sia addirittura ‘no vax’…? “Speriamo davvero di no. Certo, qualche dubbio viene perché si vedono tante cose che non vengono cancellate e poi accadono situazioni simili”. Raggiunto dalla Dire risponde così, quasi sorridendo, il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma.

“Diciamo che l’algoritmo di Facebook è un algoritmo che funziona molto male- precisa- preferisco dire questo piuttosto che pensare che ci sia un dolo o una volontà a zittire ricercatori che stanno parlando nell’interesse della comunità globale. Preferisco pensare che sia un algoritmo malfunzionante piuttosto che sia un algoritmo ‘no vax'”.

L’esperto prosegue spiegando che “sembra comunque un paradosso. In questi mesi abbiamo utilizzato il web per cercare di essere in contatto con tanti medici di tutto il mondo. Il Covid-19 è una malattia nuova e quindi abbiamo bisogno di aggiornarci in continuazione. Abbiamo reti diverse, abbiamo una rete anche regionale per le malattie infettive ed una nazionale. Poi abbiamo appunto queste modalità per poter contattare tutti I medici di tutto il mondo per poter avere informazioni e per commentare insieme le nuove ricerche”.Andreoni rincara la dose: “Il fatto che tale opportunità venga interrotta mi sembra veramente un fatto grave, quando poi sappiamo che con lo stesso sistema I complottisti o quant’altro, invece, mandano messaggi deliranti. Credo, quindi, che servirebbe maggiore attenzione per capire quello che viene interrotto. Basterebbe fare piccole indagini per vedere i nominativi delle persone che stanno partecipando a quella determinata chat per capire se si tratti di nominativi di persone che stanno in realtà lavorando attraverso quella chat, perché questo è diventato anche un lavoro, oppure piuttosto stanno mandando messaggi, come ho detto prima, deliranti”.Andreoni tiene inoltre a sottolineare che una decisione come questa può arrecare numerosi danni alla comunità dei medici, “più di quello che uno potrebbe pensare, perché decade la possibilità di avere in tempo reale la disponibilità di dati e novità, oltre all’eventualità di poterne discutere con tutta la comunità scientifica. Siamo stati spesso criticati per il fatto che ognuno di noi dice cose diverse e poi, magari, si sentono ricercatori che hanno pensieri differenti l’uno dall’altro. Proprio per evitare tutto ciò il più possibile, questo è stato e rimane un buon sistema per scambiarsi subito le proprie idee e cercare di arrivare ad una condivisione di pensiero. Quindi, su questa tematica ritengo sia un danno rilevante, proprio perché creiamo confusione nella confusione”.

Il direttore scientifico della Simit e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma afferma poi che “probabilmente ci sono soluzioni alternative alla piattaforma di Facebook. Per noi è un sistema molto semplice e che noi utilizziamo. Pur non essendo molto telematico, io ho almeno 3, 4 gruppi con i quali mi riesco ad interfacciare virtualmente e giornalmente proprio per avere dati importanti su quello che dobbiamo fare”.

Andreoni spiega infine: “Dirigo anche un reparto clinico e, quindi, avere certezze su ciò che stanno facendo anche altri colleghi di fronte a problematiche anche mediche, in cui la risposta deve essere immediata e condivisa, credo siano strumenti indispensabili. Probabilmente ne esisteranno anche altri ma credo sarebbe un grave errore non permetterci di usare questi”, conclude. (Agenzia DIRE)