“Dalla dipendenza affettiva alla libertà di scelta”: dialogo con l’autore del saggio

Secondo Andrea Serena “portare consapevolezza nel presente è la chiave per comprendere l’ombra e innescare la vera trasformazione”

“Dalla dipendenza affettiva alla libertà di scelta” è il nuovo saggio autobiografico di Andrea Serena nel quale l’autore ripercorre la fine di una relazione importante e racconta un percorso di crescita interiore accompagnato dalla meditazione e dalla psicoanalisi. L’obiettivo che il libro si pone è indicare una via d’uscita dal conflitto interiore che caratterizza il modo d’‘amare’ del dipendente, mediante la trasformazione del suo desiderio e il conseguente abbandono della ricerca di quel piacere-dolore da cui egli è così attratto. Il libro è un viaggio di rinascita che getta luce sulla ‘Matrix mentale’ all’interno della quale siamo spesso intrappolati; un sogno, che a tratti somiglia a un incubo, dal quale tuttavia è possibile risvegliarsi conoscendo chi siamo veramente per uscire di nuovo ‘a riveder le stelle’ e sperimentare un nuovo stato di coscienza.

Il saggio analizza il tema della dipendenza affettiva, il problema di ricercare una persona che ci fa sperimentare un dolore ricorrente. Inviti a osservare queste dinamiche e a mettere consapevolezza per uscire dallo schema. Qual è stato il tuo percorso?

Ho sempre avuto paura di certi tipi di donna, proprio quelle da cui mi sentivo più attratto. Così accadeva che mi ci avvicinavo, qualcosa cominciava, ma poi mi ritiravo prima di farmi troppo male. In tal modo, però, non mi davo la possibilità di comprendere a fondo lo schema ed è per questa ragione che continuava ad attrarmi. La storia con Ginevra, invece, mi ha cambiato profondamente perché ho avuto il coraggio di viverla fino in fondo, con tutto il dolore che ne è derivato. Come affermo nel libro, ritengo che la ricerca compulsiva del dolore abbia un suo scopo intrinseco, cioè fare in modo di potercene liberare. Chiaramente, ciò a patto che si porti consapevolezza al processo. Così è stato per me, l’ho ricercato, ho avuto il coraggio di viverlo, l’ho indagato e ad oggi posso dire che, avendone compreso le cause, mi sento molto più libero”. 

In questo processo di integrazione dell’ombra, un elemento chiave a cui fai più volte riferimento è il rapporto conflittuale con l’autorità. Che ruolo gioca questo aspetto nel meccanismo della ‘coazione a ripetere’ che l’identità ferita mette in atto in maniera ricorrente?

Credo che la ripetizione dolorosa sia desiderata dall’ombra, cioè da quell’identità ferita che non si sente degna di qualcosa di meglio e che per qualche motivo ottiene anche un godimento dal dolore. Il rapporto con l’autorità è un elemento chiave dal momento che essa ci incute timore ma allo stesso tempo ci affascina. In altri termini, ci consente di provare quel piacere-dolore cui nel libro faccio spesso accenno. Nella relazione del dipendente, l’altro è avvertito come autorità in questo senso: essendo la parte dominante del rapporto, il dipendente ne ha paura e ad un certo livello vorrebbe distaccarsene, ma non ci riesce facilmente perché l’attrazione che prova è normalmente molto forte. È chiaro che se ci lasciamo sopraffare dall’ombra, vivremo tutta la nostra vita con dolore. Tuttavia, respingerla o non considerarla non farà che accrescerne la forza. Cercare di comprenderla, invece, accettandola e trattandola con gentilezza, può innescare la vera trasformazione”.

Poni molto l’accento sulla presenza mentale cioè la consapevolezza nel presente. Quale funzione possono svolgere strumenti come la psicoanalisi, la meditazione e la lettura dei libri più volte citati all’interno del saggio?

Durante il percorso che descrivo nel saggio, mi sono aiutato con diversi strumenti. Era come se avessi una cassa degli attrezzi: psicoanalisi, meditazione, letture, ecc. Sono risultati tutti molto utili e direi che, in fin dei conti, ciascuno ha svolto la sua funzione di cura e mi ha aiutato nel processo di comprensione del dolore. La psicoanalisi mi ha portato a scoprire cose sepolte profondamente nel mio inconscio, attraverso il lavoro sulle associazioni libere e sui sogni. La meditazione mi ha permesso di indagare ulteriormente la mia mente e di praticare il raccoglimento attraverso l’attenzione silenziosa. Ed è grazie alla lettura di libri come quelli citati nell’opera che è iniziata tutta la mia indagine. Credo che portare consapevolezza nel presente sia semplicemente il risultato di tutte queste attività. Potremmo dire che la psicoanalisi, la meditazione e le letture funzionano se ci aiutano a vivere con maggiore presenza. Più siamo presenti, infatti, più siamo liberi dall’illusione del tempo che tende ad accumularsi nella nostra mente. E più siamo liberi da quell’illusione, maggiore sarà la nostra propensione alla felicità”.