Dacca, Italia in lutto

Le vittime italiane a Dacca

ROMAIl giorno dopo è quello del lutto per la morte dei 9 civili italiani, uccisi in un ristorante di Dacca da un commando islamista: sul campo, l’obiettivo è quello di riportare appena possibile in Italia i resti delle vittime, che saranno imbarcati sull’aereo della Presidenza del Consiglio giunto in Bangladesh. Il personale inviato dal governo italiano cercherà anche di ricevere informazioni sulle indagini, che hanno accertato intanto che il gruppo dei terroristi (che ha ucciso in tutto 20 persone) era composto da cittadini bengalesi, peraltro di famiglie facoltose. Per la prima volta, il governo del Bangladesh, per bocca del ministro degli Esteri, non ha escluso categoricamente, come sempre fatto finora anche per precedenti attentati, che l’azione possa essere stata coordinata dall’Isis: troppo evidente l’escalation rispetto alle precedenti azioni per escludere a priori che i terroristi abbiano agito da soli senza alcun supporto esterno. La pista più probabile è però quella del gruppo locale: “Gli autori della strage al ristorante di Dacca erano tutti giovani, altamente istruiti e provenienti da famiglie bengalesi benestanti, dove diventare miliziani è diventata una moda“, dice il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan. I giovani, ha detto, “erano membri del gruppo jihadista bengalese Jumatul Mujahedeen Bangladesh”, dichiarato illegale nel paese da più di dieci anni.

Il Bangladesh, paese a maggioranza musulmana con 160 milioni di abitanti, sta assistendo da tempo ad un’impetuosa ondata di violenze di matrice islamica. Dal febbraio 2013 sono oltre 40 gli omicidi singoli riconducibili ai terroristi islamici, di cui 12 persone uccise solo nelle ultime 14 settimane. Molti sono esponenti di minoranze religiose, come il commerciante cristiano ucciso domenica scorsa al ritorno dalla messa o i due sacerdoti indù uccisi uno all’inizio di giugno e un altro due giorni fa, poche ore prima che il commando entrasse in azione nel ristorante di Dacca. Lo Stato islamico ha rivendicato la responsabilità di molte di queste aggressioni, ma il governo del premier Shiekh Hasina ha sempre negato la presenza di gruppi radicali sunniti nel Paese, sostenendo la provenienza nazionale degli attacchi. Tesi peraltro confermata finora dalle evidenze investigative. E anche gli autori della strage di Dacca – sottolinea il governo – “non vengono dall’Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese”.

Intanto, mentre il presidente Mattarella interrompe il viaggio in Messico per far ritorno a Roma – il presidente del Consiglio Renzi continua a invocare l’unità nazionale di “una grande famiglia colpita da un dolore” e derubrica come “inutili” ormai le polemiche sulla cattiva gestione della situazione da parte della polizia locale, che ha atteso ore prima di effettuare il blitz che ha posto fine all’azione. “Era un commando pronto a tutti, sono entrati lì per uccidere: ogni polemica è sostanzialmente inutile”, ha affermato Renzi.

Di “violenza insensata perpetrata contro vittime innocenti”, nonché di atto di “barbarie” contro Dio e l’umanità aveva parlato già ieri papa Francesco, che domenica al termine della preghiera dell’Angelus ha espresso “la mia vicinanza ai familiari delle vittime e feriti dell’attentato di ieri a Dacca e anche a quello avvenuto a Baghdad. Preghiamo insieme per loro, per i defunti e chiediamo al Signore di convertire il cuore dei violenti accecati dall’odio”. Il secondo attentato citato dal papa è quello avvenuto ieri nella capitale irachena, dove lo Stato Islamico ha rivendicato le esplosioni che nel quartiere sciita hanno causato almeno una ottantina di vittime.

Gli italiani morti nell’attacco terroristico sono Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’Allestro, Maria Riboli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti. Originari di varie regioni d’Italia, dal Friuli (Pordenone) alla Sicilia (Catania), passando per numerose altre (Lombardia con Alzano Lombardo, Lazio con Viterbo e Magliana Sabina, Campania con Acerra), erano tutti impegnati nel settore tessile e dell’abbigliamento, come dipendenti di aziende o come imprenditori. I racconti di amici e familiari descrivono i profili di persone che avevano deciso solo recentemente di tentare una strada all’estero per le difficoltà di lavoro vissute in Italia (è il caso di Marco Tondat, 39 anni) o che invece vivevano da tempo all’estero (Adele Puglisi, 54 anni, attesa a Catania per le vacanze, o Claudia Maria D’Antona, che a Dacca, dopo viveva da tempo, si era anche sposata, proprio con uno degli italiani sopravvissuto al massacro). D’Antona, con il marito Giovanni, era impegnati anche con 3i – Interethnos Interplast Italy, un’associazione che porta esperti di chirurgia plastica in Bangladesh per curare le donne sfregiate con l’acido. Ad essere incinta di un maschietto era Simona Monti, in procinto di tornare a Magliana Sabina per il decorso della gravidanza, mentre era padre di due gemelline di 3 anni Cristian Rossi, di Feletto Umberto (Udine). Anche Maria Riboli era madre di una bimba di 3 anni. (Agenzia Redattore Sociale)

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