Migranti a Rosarno: la vita dei braccianti non cambia mai

La tendopoli di San Ferdinando

La tendopoli di San Ferdinando

ROSARNO (RC) – Il governo punta a sconfiggere il caporalato e a rilanciare il settore agricolo, ma intanto nella Piana di Gioia Tauro la situazione pare peggiorare di anno in anno, con i braccianti stranieri costretti in condizioni di vita e di lavoro disastrose. La denuncia arriva da Medici per i Diritti Umani (Medu) che da un mese ha mandato sul luogo la propria clinica mobile per prestare assistenza sanitaria ai lavoratori stranieri stagionali. Il quadro che emerge dai primi dati raccolti infatti è simile alla stagione precedente.

Giovani e regolari, un terzo sono appena arrivati. Sono stati visitati 109 pazienti (126 visite tra primi e secondi accessi), l’89% ha meno di 35 anni. Arrivano per lo più da Mali (41%), Senegal (17%), Burkina Faso (10%), Costa d’Avorio (10%) e Gambia (9%). La gran parte (92%) ha il permesso di soggiorno.

Di questi, più della metà (57%) è titolare di un permesso per protezione internazionale o per motivi umanitari e il 29% – la maggior parte dei quali del Mali – è in fase di ricorso contro il diniego della Commissione per il diritto d’asilo. Il 33% dei pazienti di Medu ha dichiarato di essere nel paese da meno di un anno; il 27% da uno a due anni.

Questa presenza recente nel territorio, unita all’allarmante livello di analfabetismo (il 40% dei pazienti ha dichiarato di non saper leggere e scrivere), non fa che aumentare la vulnerabilità dei lavoratori. Il 43% dei pazienti regolarmente soggiornanti non ha la tessera sanitaria. Le patologie più frequentemente riscontrate sono direttamente collegate alle critiche condizioni di vita e di lavoro: sindromi delle vie respiratorie (28%), disturbi gastro-intestinali (22%), patologie muscolo-scheletriche (13%), traumatismi (9%), patologie della cute (9%).

Soggiorno regolare, lavoro irregolare. Come negli anni precedenti, la regolarità del soggiorno si scontra con una quasi totale irregolarità delle posizioni lavorative dei braccianti. L’86% dei lavoratori agricoli, infatti, non ha un contratto di lavoro. Un dato costante negli anni, a dimostrazione – secondo Medu – che poco o nulla si è fatto per sconfiggere il lavoro nero che dilaga nel territorio. La maggior parte dei lavoratori, impiegati per circa 8 ore al giorno, è retribuita a giornata con una paga che oscilla in media tra i 25 euro per la raccolta degli agrumi e i 30 euro per kiwi e olive. Oltre a non fruire di alcuna copertura assicurativa né del versamento dei contributi, i braccianti ricevono quindi dal 30 al 50% in meno di quanto stabilito dai contratti provinciali del lavoro.

Tra i pochi lavoratori che hanno un contratto (11%), la metà non sa se riceverà una busta paga né se gli saranno versate le giornate contributive corrispondenti al lavoro svolto. Nella totale mancanza di operatività dei centri per l’impiego che dovrebbero garantire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, i braccianti riescono a trovare lavoro nei campi attraverso la “piazza” (52%) – cioè l’attesa dei datori di lavoro nelle piazze e nei principali snodi stradali della Piana –  o il ricorso al caporale (24%). In tale caso, il lavoratore dovrà farsi carico del costo del trasporto che varia dai 3 ai 5 euro.

Vita nel degrado. Medu ha riscontrato una situazione di estremo degrado. Il 45% dei braccianti incontrati dorme su un materasso a terra, il 18% direttamente sul pavimento in strutture prive di acqua, luce e servizi igienici. Trecento migranti trovano rifugio nella fabbrica sita nella zona industriale di San Ferdinando, oggi sovraffollata e in condizioni igienico-sanitarie allarmanti. Stessa sorte per le centinaia di lavoratori che vivono nei casolari abbandonati nelle campagne dei Comuni di Rizziconi, Taurianova e Rosarno, edifici fatiscenti, privi di elettricità (nei casi più fortunati alcuni migranti dispongono di generatori a benzina), di servizi igienici e acqua.

Baracche di cartone vicino alle tende blu del Viminale. Né va meglio nelle strutture di accoglienza istituzionali, dove sono in mille nella tendopoli di San Ferdinando, a fronte dei 450 posti disponibili. In assenza di un piano di accoglienza chiaro e strutturato sono sorte in questi mesi, accanto alle tende blu approntate dal Ministero dell’Interno, decine di baracche di plastica e cartone. E nel campo continua ad essere parziale l’erogazione di energia elettrica, nonostante la recente manutenzione dell’impianto d’illuminazione. Stessa sorte per i servizi igienici, sistemati quest’anno attraverso lo stanziamento di fondi regionali per 15mila euro, ma di numero insufficiente rispetto alle reali esigenze del campo ove continua peraltro a mancare l’acqua calda, a cui si provvede attraverso dei bidoni scaldati sul fuoco. In condizioni igienico-sanitarie precarie versa anche il campo container di Rosarno di contrada Testa dell’Acqua, quest’anno privo di un ente gestore. Il campo sorge in un’area di competenza regionale ma, in assenza di risorse, lo stesso appare sovraffollato e invaso da cumuli di spazzatura che il Comune ha dichiarato di non essere autorizzato a ritirare.

Spesi due milioni di euro, ma nessuna accoglienza. Nuovamente rinviata, inoltre, l’apertura del “Villaggio della Solidarietà”, costato quasi due milioni di euro e i cui lavori sono fermi per un’interdittiva antimafia. Unico presidio di accoglienza pare essere il progetto promosso dalla Caritas di Drosi che, ogni anno e senza lo stanziamento di alcuna risorsa, riesce a fornire un alloggio dignitoso a prezzi calmierati a più di 100 lavoratori stranieri facendosi da garante con i proprietari delle abitazioni sfitte.

“Fate qualcosa!”. In assenza – argomento in conclusione il Medu – di una declinazione territoriale delle misure che il Governo sta predisponendo a livello centrale contro il caporalato né di politiche che incidano concretamente sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti agricoli, la situazione nella Piana di Gioia Tauro pare peggiorare di anno in anno. Medici per i Diritti Umani invia dunque un appello alle istituzioni nazionali e regionali affinché venga promosso quanto prima un tavolo operativo che sia in grado di mettere in atto misure immediate in tema di lavoro e accoglienza, elementi inscindibili se si vogliono costruire azioni a lungo termine e risollevare le sorti di una Piana che pare, di anno in anno, affondare sempre più nell’illegalità e nel degrado. (Redattore Sociale)

(photo crediti: Medu)

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