Mate, dalla Georgia a Bologna per poter camminare

Mate e la sua mamma Inga

Mate e la sua mamma Inga

BOLOGNADalla Georgia a Bologna per poter camminare. È il viaggio che ha fatto Mate, un bambino di poco più di un anno, lo scorso novembre insieme alla madre 17enne Inga. Il motivo? Una difficoltà nello sviluppo motorio che ha insospettito Laura Liverani, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII che vive in una delle due case-famiglie gestite dalla comunità a Batumi, città della Georgia sul Mar Nero, dove madre e figlio sono arrivati nel settembre 2014. “A 7/8 mesi avevo notato che Mate non si muoveva e ho interessato un medico della Caritas che fa training ai medici locali – racconta Laura –. Eravamo preoccupati perché Mate ha, da parte di padre, una sorellina disabile e il primo pensiero è stato un problema di tipo genetico, come la spina bifida”. Così il bambino è stato portato nella capitale Tbilisi per fare una risonanza magnetica. “Il medico che ha visto i risultati ha detto che secondo lui ‘andava tutto bene’ – continua – ma io non ne ero convinta e ho inviato la risonanza in Italia, tramite mia cugina che lavora in un ospedale”. L’esame è stato così visto da Ercole Galassi, neurochirurgo pediatrico dell’ospedale Bellaria di Bologna, “che ci ha detto di portarlo in Italia”. L’ipotesi è che Mate avesse una cisti aracnoidea dorsale che comprimeva il midollo e la cui conseguenza poteva essere una disabilità motoria e neurologica.

Portare Mate in Italia è stato difficile. Innanzitutto, si trattava di far viaggiare due persone minorenni e poi le spese sanitarie per un eventuale intervento chirurgico, nel caso di conferma della diagnosi, sarebbero state troppo alte da sostenere. È qui che entra in gioco Probone, una fondazione bolognese che si occupa della cura di tumori vertebrali che dà la disponibilità ad aiutare Inga e Mate, coprendo le spese necessarie per curarlo. Il viaggio invece è reso possibile dall’associazione Bimbo tu che paga il volo. Il 30 novembre 2015 Mate è ricoverato al Bellaria, sottoposto a una visita e a un’altra risonanza magnetica che conferma la prima diagnosi: c’è una cisti aracnoidea che comprime il midollo a livello spinale. È Ercole Galassi a operarlo insieme a un’equipe di sala operatoria che, come lui, decide di farlo come volontariato.

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“L’intervento realizzato è andato bene – racconta Alessandro Gasbarrini, medico del Bellaria e presidente di Probone – e il bambino ha avuto un decorso post-operatorio brillante. L’unica difficoltà che aveva era che non voleva rimanere steso a letto”. Il 18 dicembre Mate e Inga sono ritornati in Georgia, dopo un mese in ospedale in Italia, ma dovranno ritornare per un controllo in estate. “Mate sta fantasticamente bene – dice Laura –. Porta un busto che lo blocca dal collo al bacino e un tutore al piede, ma ha già iniziato a muovere i primi passi da solo. Ne siamo molto felici”. Anche Inga ha fatto dei passi in avanti: quando è arrivata nella casa-famiglia aveva 16 anni, e il suo bambino 28 giorni, “nella sua famiglia la situazione era difficile e non poteva più rimanere”, e non aveva finito la scuola. “Noi l’abbiamo accolta e la stiamo aiutando a costruirsi un futuro – continua Laura – Oggi ha terminato la scuola e sta frequentando un corso professionale”.

La Comunità Papa Giovanni XXIII è in Georgia da 9 anni con 2 case-famiglia, di cui la seconda aperta 3 anni fa. Al loro interno ci sono 3 membri della comunità e (attualmente) 4 volontari, 2 Caschi bianchi e 2 Sve (Servizio volontario europeo). Con loro vivono persone sole, famiglie con situazioni difficili, ragazze madri, adolescenti senza genitori, “con me abita anche una nonna di 80 anni”, rimangono lì per periodi più o meno lunghi. “Noi accompagniamo i bambini a scuola, li aiutiamo a fare i compiti, siamo la loro famiglia – dice Laura – Cerchiamo di dare loro tutti gli strumenti disponibili perché possano farcela da soli”. Tra le altre attività, la comunità Papa Giovanni XXIII lavora con i bambini che vivono nella baraccopoli di Batumi dove la situazione è precaria, le condizioni igieniche scarse e non c’è acqua. “Facciamo attività con i bambini, aiutati dai volontari, e portiamo beni di prima necessità a circa un centinaio di famiglie”.

La Fondazione Probone è nata a Bologna nel 2011 grazie alla donazione di Rita Masotti, che ha lasciato in eredità un appartamento al medico che qualche anno prima l’aveva operata, con l’obiettivo di “utilizzarlo per fare del bene”. Quel medico è Alessandro Gasbarrini che ha deciso di vendere la casa e con il ricavato “essere di aiuto alle persone che soffrono”. È nata così una fondazione indipendente e senza scopo di lucro, che si occupa, in particolare, di trattare chi ha patologie vertebrali complesse e difficoltà economiche. “Finora abbiamo operato una quindicina di persone ma ne abbiamo aiutate molte di più, comprando busti, come nel caso di Mate, o prestando ai pazienti macchinari per le cure”, conclude Gasbarrini. (Agenzia Redattore Sociale)