Jobs Act, Anmic: “Disabili discriminati”

ROMA – La minore rigidità che il Jobs Act ha introdotto nel mercato del lavoro in Italia “crea notevoli squilibri” e “situazioni discriminatorie” traducendosi in “minori tutele per i lavoratori” con disabilità. Una revisione di alcuni istituti è quindi necessaria, al fine di garantire una maggiore attuazione del principio di uguaglianza sostanziale. E’ questa la posizione che l’Anmic, l’associazione nazionale mutilati e invalidi civili, ha espresso nel documento finale del congresso nazionale dedicato a disabili e mercato del lavoro svoltosi il 16 e 17 giugno a Salsomaggiore.

Il documento ricorda la crisi economica “non ancora del tutto superata”, e il fatto che di circa 700 mila disabili iscritti nelle liste del collocamento obbligatorio, gli avviamenti sono stati 19 mila nel 2012 e 18.295 nel 2013, con 68 mila nuove iscrizioni nel corso del 2013. Nel Jobs Act approvato per “ridare dinamismo al mercato” ci sono “molti elementi di positività” ma “è stata perduta una occasione per rafforzare il sistema delle politiche inclusive”. Di fatto si è di fatto “privilegiato l’utile economico rispetto alla sicurezza del lavoratore disabile e della sua famiglia, in ciò contraddicendo il principio costituzionale dalla funzione sociale della proprietà e dell’impresa”, dice l’Anmic. Una revisione di alcuni istituti porterebbe, secondo l’associazione, ad un sistema di “forti tutele della persona, della sua dignità e dei diritti fondamentali, in un effettivo risparmio di spesa per lo Stato rispetto alle prestazioni economiche assistenziali erogate in funzione sostitutiva rispetto all’utilizzabilità delle capacità lavorative dei disabili nel mondo della produzione”

In particolare Anmic chiede l’eliminazione del carattere esclusivo della chiamata nominativa ai fini dell’assunzione dei disabili e la stabilizzazione permanente del sostegno economico per i più gravi, oltre ad una flessibilità degli strumenti contrattuali adattati alle diverse forme di disabilità e alle diverse forme di utilizzabilità delle residue capacità lavorative. Anmic chiede inoltre il mantenimento del sistema tabellare e integrazione con la valutazione bio-psico-sociale nei casi di necessità della individuazione di un percorso lavorativo complesso e normazione dei criteri ICF e la copertura reale delle scoperture esistenti nel settore privato e pubblico. Ancora, fra le richieste vi è quella della tutela reale nella fase della costituzione del rapporto di lavoro dei disabili, quantomeno  rispetto a comportamenti datoriali discriminatori e del mantenimento del principio del rispetto delle mansioni equivalenti a quelle di assunzione; poi ancora l’ esclusione dal sistema delle tutele crescenti dei rapporti di lavoro dei soggetti disabili e il mantenimento della tutela reale – reintegrazione nel posto di lavoro – in caso di licenziamenti illegittimi.

Fra le ulteriori richieste anche il rafforzamento legislativo dell’istituto dell’accomodamento ragionevole e il rafforzamento del ruolo delle associazioni di categoria e delle parti sociali all’interno degli organismi territoriali preposti all’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Ancora, il rafforzamento del ruolo del responsabile dell’inserimento lavorativo in azienda o nelle amministrazioni pubbliche e la revisione del sistema di formazione professionale a partire dalla previsione di un  inizio in ambito scolastico secondo un progetto complessivo che parta dall’educazione scolastica per giungere all’inserimento nel mercato del lavoro. Su tutti questi punti Anmic chiede un confronto con il governo, le forze politiche e le parti sociali. (Agenzia Redattore Sociale)

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