I venti anni del progetto Policoro

ROMA – Sono attese circa 4mila persone a Roma, lunedì 14 dicembre, in udienza con Papa Francesco per tirare le fila e rilanciare prospettive a vent’anni dall’avvio del progetto Policoro, lanciato proprio nel 1995 nella cittadina della Basilicata con l’obiettivo di affrontare il nodo della disoccupazione giovanile, in primo luogo al Sud, partendo dalla valorizzazione delle risorse dei giovani stessi, della loro dignità.

Il Santo Padre celebrerà l’anniversario alla presenza del coordinamento nazionale del progetto – promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei – di formatori, vescovi, rappresentanti delle circa 128 diocesi in 14 regioni, su un totale di 225, che in tutto il paese sono coinvolte nell’iniziativa lanciata all’epoca da don Mario Operti. In questi anni le regioni del Sud che per prime hanno aderito al progetto – Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna – e poi nel tempo anche quelle del nord tra cui Trentino, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna (dal 2012 fanno parte della rete anche Abruzzo, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Lazio), hanno messo insieme energie con un unico obiettivo: creare relazioni sul territorio tra soggetti ecclesiali e associativi a livello nazionale, regionale e diocesano per mettere in piedi realtà lavorative concrete dove impiegare i giovani disoccupati. Grazie a questo lungo lavoro di rete tra ufficio Cei, Servizio nazionale per la pastorale giovanile e Caritas italiana da un lato, Acli, Confcooperative e Cisl dall’altro, insieme a realtà come Coldiretti, Banche di Credito cooperativo, Associazione Libera, ad oggi risultano presenti sul territorio nazionale circa 1.300 imprese tra cooperative sociali, consorzi, ditte individuali.

Numerosi “gesti concreti”, per usare il linguaggio del progetto, nati grazie a un’attività capillare sul territorio, partendo dalle diocesi dove agiscono gli animatori di comunità, laici opportunamente formati per fare rete tra Chiesa, formazione, evangelizzazione, attività legislative a favore del lavoro. Molteplici i settori delle imprese nate: artigianato, beni culturali, comunicazione, alberghiero, accoglienza e cura delle persone. “Tra i risultati che abbiamo ottenuto – sottolinea monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro – uno dei più significativi è che le realtà lavorative sorte non sono soltanto a beneficio dei giovani, contro la disoccupazione, ma anche intraprese e vissute dai giovani stessi. Questo significa qualità del lavorare insieme, vivere una dimensione di impresa che diventa capitale sul territorio”.

A dimostrazione di ciò ci sono anche i circa 30 milioni di euro annui di fatturato prodotti dalle aziende attive, supportate in molti contesti da forti realtà di microcredito, e in numerosi casi sorte su terreni confiscati alla mafia. Tra i nodi critici che rimangono da affrontare c’è quello di costruire leadership “soprattutto nei territori del Sud – aggiunge Longoni -, aiutare il lavoro guardando alle capacità che un territorio può vantare, rendendo le persone più produttive, stimolando una responsabilità individuale che poi diventi sociale e politica”.  Non a caso, come sottolineava don Operti, per creare lavoro occorre investire nell’intelligenza e nel cuore delle persone. Oggi più che mai – questo il messaggio che vuole lanciare la Cei – non è tanto e non solo di lavoro che c’è bisogno, quanto di qualità del lavoro, “di una capacità di costruire rete – continua Longoni – su cui è il sud che può davvero dare e insegnare al nord, dove in alcuni casi questo sfugge e c’è solo impresa”. (Redattore Sociale)

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