Decreti Minniti, operatori sociali si autoconvocano a Roma: “Non siamo soldati”

Hanno deciso di disobbedire al ruolo di soldati “in una guerra contro uomini, donne e bambini in fuga da Paesi in cui non possono più nemmeno sopravvivere” e si sono autoconvocati a Roma per sabato 8 aprile alle 14.30 al circolo ArciSolidarietà di via Goito (Castro Pretorio). Sono gli operatori sociali – già 50 quelli che hanno aderito all’iniziativa rispondendo da ogni parte di Italia – che dicono NO ai decreti Minniti in materia di immigrazione.

“I decreti Minniti – scrivono in un documento condiviso – sono passati alla prima votazione. Sono passati con il loro messaggio securitario, carico di populismo. Paradosso vuole che il racconto fatto dall’attuale Governo sia che queste misure servano proprio per evitare che le destre e i populismi possano essere predominanti nell’offerta politica. Ma evidentemente hanno già vinto. Il risultato non cambia se a proporre queste misure è un governo che si ostina a definirsi di centro-sinistra”.

Nel testo diffuso, gli “autoconvocati” analizzano e bocciano punto per punto il provvedimento su cui il 28 marzo il governo chiederà la fiducia. In particolare gli operatori sociali si rifiutano di diventare “controllori” come prevede il decreto: “Nello svolgimento delle operazioni di notificazione di cui al comma 3-ter, il responsabile del centro o della struttura è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto di legge” (Capo II “Misure per la semplificazione e l’efficienza delle procedure innanzi alle Commissioni territoriali”, Art. 6 “Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25”, 1 a) 3-septies del Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13). Un punto contestato con forza dagli operatori che spiegano: “Attribuirci il ruolo e la funzione di “pubblico ufficiale” significa ledere la relazione fiduciaria fondante il nostro agire sociale. Il rapporto di terzietà tra il richiedente protezione internazionale e la Questura o la Prefettura è indispensabile per svolgere al meglio il nostro lavoro”.

“Dobbiamo, quindi, rassegnarci all’ineluttabilità di essere assoldati in una guerra contro i poveri? – si chiedono gli operatori sociali – No, non è così, non possiamo permetterlo. Disertare questa guerra è una necessità prima ancora che un dovere; il nostro ruolo, la nostra funzione non possono essere snaturati in questo modo. Obiettori di coscienza, ché la coscienza non sarà certo esclusiva di medici in carriera contro la legge 194/78, disobbedienti a un compito in cui Minniti e Gentiloni vogliono costringerci. Questo quello che possiamo e dobbiamo fare. Questo quello che faremo”.

Ecco dunque la necessità di autoconvocare una assemblea per confrontarci e discutere, capire bene che cosa significa e come si modifica giuridicamente, socialmente e politicamente il nostro lavoro” alla presenza di “avvocati e giuristi per permetterci di approfondire questi aspetti”.

L’invito a partecipare all’incontro è esteso anche “alla politica, quella capace di non cercare scorciatoie ma di supportare i percorsi di inclusione sociale, alle persone che ritengono sia ancora possibile una società in cui chi è in difficoltà venga visto non come un nemico da “colpire” o “nascondere” ma come un essere umano da aiutare e sostenere. Un invito che facciamo a noi stessi, operatori sociali”. Per chi volesse aderire e partecipare reteoperatorisociali@gmail.com