Cecchi Paone: “Sono massone e me ne vanto”

“Sono massone e me ne vanto. Ho anche assunto responsabilità crescenti. Sia chiaro: quando parlo di massoneria mi riferisco a quella riconosciuta; non c’entrano le pseudo-massonerie, quelle deviate e tutto il resto”. Alessandro Cecchi Paone rivendica la sua appartenenza alla massoneria in una lunga intervista a FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da sabato 10 luglio con inchieste e approfondimenti su logge e criminalità. “Sono maestro del terzo e ultimo grado della massoneria azzurra, quella generalista. Il massimo. Aggiungo che sono pure maestro architetto di un rito di perfezionamento, quello simbolico italiano”. 

Il giornalista, volto popolare della tv, racconta la sua scelta per tradizione familiare, gli “antenati ottocenteschi garibaldini e mazziniani” e oggi l’ispirazione “liberale e repubblicana”. Cecchi Paone nega che oggi si indossi il grembiulino per tramare e ottenere raccomandazioni: “Non è così, se non nel caso della P2. Dopo lo scandalo del 1981, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, fondata nel 1717, ci ha tolto il riconoscimento. Una caduta terribile, un disastro….”. Sulla P2, ecco l’esperienza di Cecchi Paone e della sua famiglia: “Ai tempi la mia famiglia, come tanti altri massoni, lasciò il Grande Oriente d’Italia riconoscendo l’assoluta inammissibilità della P2. Io sono rientrato nel 2005, dopo che nel 1999 era diventato Gran Maestro un repubblicano, Gustavo Raffi: su indicazione delle massonerie regolari del mondo, aveva riportato l’ordine, espellendo i piduisti. Quando sono arrivato, qualcuno difendeva ancora Gelli. Ma Raffi, in carica fino al 2014, ha fatto pulizia. Certo, la P2 ha provocato gravi danni d’immagine. Mi spiace per i giovani”.

Ci sono poi trame in cui, secondo il giornalista, la massoneria è tirata in ballo a sproposito, come la “Loggia Ungheria” di cui ha riempito verbali l’avvocato Amara: “Sì, è molto comodo. Se quella loggia dovesse esistere, di certo non fa parte del Goi. Comunque un gruppo di complottardi non fa una loggia. Quelle riconosciute hanno nome, numero, organi di controllo, sede ufficiale, simbolo, eccetera”. 

Allora qual è la molla che spinge a iscriversi? “C’è un’elaborazione di carattere ideale, non politico. Si tratta di valori in nome dei diritti civili e umani, cui io mi mi dedico molto. I massoni non sostengono un singolo partito o un singolo governo. Continuiamo a essere testimoni di valori fondanti: libertà, uguaglianza, fraternità, laicità, senza distinzione di sesso, etnia, religione. Valori che si perdono nel chiacchiericcio attuale. Oggi comunque siamo tanti in tutta Italia: arriviamo a 50 mila, mettendo insieme Grande Oriente, Gran Loggia e Gran Loggia Femminile. Sono obbedienze riconosciute a livello internazionale. Io, come altri, ho persino un passaporto massonico. Così posso essere accolto in qualsiasi loggia riconosciuta nel mondo.

E il coming out del 2004, quando Cecchi Paone dichiarò di essere omosessuale? “Ai tempi quella scelta era rara. Cosicché la Rai – all’epoca condizionata da un Vaticano molto retrivo, quello di Ratzinger, Ruini e Bertone – mi tagliò fuori. Sono rientrato negli ultimi anni. Sul fronte massonico, invece, successe una cosa bellissima: Raffi nel 2005, quando ero appena rientrato nel Goi, mi chiese di tenere l’orazione, il 20 settembre, per l’anniversario della presa di Roma e della breccia di Porta Pia; il 17 febbraio successivo mi propose di intervenire a Campo de’ Fiori, per ricordare Giordano Bruno. Tutte occasioni in cui al centro c’erano il laicismo e la libertà di pensiero. La massoneria mi offrì, insomma, spazi simbolicamente assai importanti”.