Calabria: in coma dopo parto cesareo, nominati periti. Il caso approda in Parlamento

Catia Viscomi

CROTONE Il caso di Catia Viscomi, la 41enne di Soverato in coma da ormai 21 mesi dopo aver subito un taglio cesareo all’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, approda in Parlamento. Il deputato del Movimento 5 Stelle, Andrea Colletti, ha preannunciato un’interrogazione parlamentare, accogliendo l’appello rivoltogli via mail da Paolo Lagonia, marito della donna. In particolare, Colletti intende chiedere al Ministero della Salute “come sia stato possibile far continuare a lavorare un soggetto instabile” come l’anestesista che operò quella notte in sala operatoria “e soprattutto quali conseguenze disciplinari vogliano intraprendere contro il Direttore Generale ed il Direttore Sanitario”.

Il dramma di Catia ha inizio la notte tra il 6 e il 7 maggio 2014, quando le viene praticato un taglio cesareo per dare alla luce il suo primo figlio. In sala operatoria qualcosa va storto, la donna entra in coma e viene trasferita presso la Casa di cura S.Anna di Crotone, centro di riferimento regionale per le gravi cerebrolesioni ad alta specialità riabilitativa, dove si trova ancora ricoverata.

La Procura di Catanzaro apre un’inchiesta ma poi chiede che il caso venga archiviato, dopo la morte dell’unico soggetto, che tutta l’equipe medica indicherà come responsabile di quanto avvenuto. Si tratta del medico anestesista, una donna ritenuta “incompatibile con l’attività di sala operatoria”.

La famiglia di Catia, assistita dall’avvocato Giuseppe Incardona del foro di Palermo, si oppone alla richiesta di archiviazione e il gip accoglie il ricorso. Le indagini dunque stanno proseguendo ed è proprio di questi giorni la notizia della nomina di tre periti incaricati dalla Procura, di far luce su quanto successe quella notte in ospedale. Come sono andati realmente i fatti? Chi ha sbagliato? Perché Catia si trova in come da quasi due anni? I tre esperti dovranno cercare di dare risposte a queste e tante altre domande.

Inoltre, il 20 gennaio scorso il Ministero della Salute ha chiesto alla Regione Calabria una relazione dettagliata sulla vicenda, in quanto “sembra emergere, al di là degli esiti processuali in sede penale, un percorso assistenziale quantomeno non adeguato alle condizioni della paziente nella fase di gestione del parto e dell’emergenza verificatasi nell’immediatezza del taglio cesareo, resosi necessario per il mancato impegno del feto nel canale del parto”.

E’ una strada lunga quella che conduce alla verità. Ma bisogna percorrerla, anche lentamente. “Lo dobbiamo a Katia – scrive Paolo Lagonia – mamma di uno splendido bambino, sogno della sua vita, che non ha mai conosciuto, ma anche medico stimato dalle centinaia di pazienti che a lei si sono affidati colmi di speranza nell’affrontare l’improba sfida contro il cancro”.

Francesca Caiazzo