Assistenti sociali vittime di violenza

ROMA – Spinte, pugni e calci fino a richiedere l’intervento medico ma anche minacce, intimidazioni o aggressioni verbali. Non è il racconto di una rissa, ma il preoccupante fenomeno dell’aggressività nei confronti degli assistenti sociali in Italia che emerge dalla ricerca “Conoscere per agire” presentata questa mattina al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) promossa dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali e dalla Fondazione nazionale degli assistenti sociali. Secondo la ricerca, in Italia quasi nove assistenti sociali su dieci hanno ricevuto minacce, intimidazioni o aggressioni verbali nel corso della propria esperienza professionale. Tre professionisti su venti hanno subito qualche forma di aggressione fisica, più di uno su dieci ha subito danni a beni o proprietà addebitabili all’esercizio della professione, mentre oltre il 35 per cento degli assistenti sociali, quindi più di uno su tre, ha temuto per la propria incolumità o dei familiari a causa del proprio lavoro. 

Lo studio è stato realizzato raccogliendo oltre 20 mila testimonianze, quasi la metà dei 42 mila assistenti sociali italiani. L’età media degli intervistati è di 44 anni, mentre è netta la predominanza del genere femminile su quello maschile. La maggior parte degli intervistati, poi, ha un contratto di lavoro dipendente, sono oltre l’85 per cento. Circa un quarto del campione svolge la professione presso servizi a sostegno e tutela di bambini e famiglie, un quarto del campione si dedica a persone che hanno necessità di sostegno legate all’età anziana o a condizioni di disabilità, il 9 per cento degli intervistati lavora in servizi per adulti in difficoltà, quasi il 6 per cento si occupa di progetti sociali nell’ambito del penale o del penale minorile, il 18 per cento in servizi integrati sociosanitari. Solo il 3,6 per cento è dedicato a servizi a sostegno della popolazione immigrata. Per quanto riguarda i settori nettamente più a rischio, però, secondo la ricerca sono i servizi a tutela dei minori e i servizi a sostengo di adulti in difficoltà.

Tra le 20 mila persone intervistate sono circa 3 mila quelle che hanno vissuto un’esperienza di violenza fisica nell’arco della propria carriera, di questi 872 intervistati hanno dichiarato che l’aggressore ha utilizzato un oggetto o un’arma. Solo nell’ultimo trimestre, spiega inoltre la ricerca, sono oltre mille gli assistenti sociali vittime di violenza fisica. Rispetto al numero totale di assistenti sociali presenti in Italia, il 2,5 per cento ha ricevuto una spinta, l’un per cento è stato colpito con pugni o calci, lo 0,7 per cento ha subito una violenza che comportato un intervento medico importante, quasi l’un per cento un intervento lieve. “Nonostante il fenomeno riferito all’ultimo trimestre possa essere considerato statisticamente raro – spiega la ricerca -, i numeri della violenza fisica in un arco temporale così breve sono preoccupanti, considerate le conseguenze in termini di danni alla salute fisica e psicologica degli oltre mille assistenti sociali coinvolti”.

Un fenomeno preoccupante anche per la percezione di una sempre maggiore incidenza del fenomeno da parte degli assistenti sociali. Secondo la ricerca un quadro del campione pensa che la violenza fisica contro gli assistenti sociali sia aumentata negli ultimi cinque anni: il 61 per cento degli intervistati ritiene che lo sia quella verbale, il 47 per cento ritiene che episodi che comportano danni o minacce di danni a beni e proprietà sia aumentata nello stesso arco di tempo (il 12,5 per cento ritiene di no, mentre il 40 per cento non sa), mentre un quarto del campione intervistato (circa il 25 per cento) pensa sia aumentata negli ultimi cinque anni la violenza fisica (il 15,5 per cento pensa di no, quasi il 60 per cento non sa rispondere).

I dati raccolti nella ricerca, però, vanno interpretati anche alla luce di un fenomeno sommerso importante. Solo una parte delle aggressioni fisiche subite, spiega la ricerca, vengono segnalate alle autorità di pubblica sicurezza o al proprio ente, rispettivamente nel 10,6 per cento e il 23,3 per cento dei casi. Raramente gli assistenti sociali riportano gli episodi di violenza al proprio Ordine professionale (meno del 2 per cento). Un sommerso dovuto “presumibilmente in ragione di un certo grado di sfiducia diffuso tra i professionisti – spiega la ricerca -. Il 49 per cento degli intervistati dichiara, infatti, che a seguito degli episodi di violenza verbale l’ente di appartenenza non ha preso alcuna iniziativa concreta per aiutarli e sostenerli. Mentre il 26,3 per cento dichiara che l’ente ha assunto iniziative concrete, ma ritiene che tali interventi fossero solo parzialmente adeguati. “I principali fattori che possono impedire aggressioni da parte dell’utenza dei servizi sono rappresentati da condizioni comunicative e informative consone allo stato di difficoltà di chi si rivolte ai servizi sociali – spiega la ricerca -, nonché da modalità di lavoro che non isolino l’operatore e da risorse e politiche adeguate ai bisogni sociali”. Ben sei assistenti sociali su dieci, infine, ritengono che l’organico del servizio non sia adeguato rispetto al lavoro che è necessario svolgere.

Secondo la ricerca, il fenomeno della violenza a danno degli assistenti sociali da parte dei loro utenti è un “campanello d’allarme che rende meglio visibile il depotenziamento del servizio sociale e del sistema dei servizi in atto”  si legge nella ricerca. Per gli assistenti sociali, quindi, solo politiche sociali adeguate e sinergiche possono essere considerate come l’antidoto alla “preoccupante crescita della violenza” ai danni di una professione “sempre più a rischio”. Per Barbara Rosina, presidente del Consiglio regionale dell’Ordine del Piemonte e coordinatrice tecnica della ricerca, infatti, “è indubbio che i servizi sociali abbiano forze inadeguate rispetto ai cambiamenti in atto e alle nuove esigenze. Sono necessari e non più rinviabili, interventi per sostenere l’interno sistema dei servizi”. (Agenzia Redattore Sociale)

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