Tutti contro il tumore del pancreas. Intervista al chirurgo veronese Giovanni Butturini

(di Cristiana Panebianco)   Oggi è la giornata mondiale della lotta contro il tumore del pancreas e qualche giorno fa, a Roma, si è svolto presso l’Auditorium del ministero della Salute il XV Congresso dell’Accademia Romana di Chirurgia, organizzato dal prof. Massimo Carlini, direttore del dipartimento chirurgico dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma. Il tema quest’anno era “La chirurgia mininvasiva difficile” due giorni di full immersion dedicata non solo a specialisti di chirurgia ma anche agli infermieri del settore, soprattutto di ‘sala operatoria’ che hanno avuto modo di seguire una sessione ad hoc. La bella sala del ministero è stata gremita. Presenti tutti gli esperti nazionali di chirurgia mininvasiva del pancreas.

A margine dell’evento abbiamo intervistato il Prof. Giovanni Butturini, primario della Chirurgia epato-bilio-pancreatica della Clinica Pederzoli di Peschiera del Garda, protagonista dell’ultima lettura pomeridiana molto applaudita da un pubblico interessato e partecipe.

medico
Giovanni Butturini

Professor Butturini, che cosa è esattamente la chirurgia mininvasiva del pancreas?

Negli ultimi anni si è affermata la chirurgia mini-invasiva per la cura dei tumori. E’ stato dimostrato che a parità di risultati oncologici, essa riserva un numero inferiore di complicanze soprattutto a lungo termine, permette ai pazienti di iniziare in tempi rapidi la ripresa delle proprie usuali attività, riduce il dolore post-operatorio e la necessità di digiuno prolungato. Questo vale per esofago, stomaco, fegato e colon e ora anche per il pancreas.

Per quale motivo si è arrivati con qualche anno di ritardo a questo tipo di chirurgia?

La chirurgia pancreatica è fra le più complesse dell’addome. Pochi centri si sono dedicati in modo intenso a questa attività e quindi si è impiegato più tempo per diffonderne l’uso, e la strada è ancora lunga da percorrere, noi sappiamo la direzione che abbiamo preso ma non sempre abbiamo i mezzi o le risorse per incrementare questo tipo di metodiche chirurgiche.

I pazienti affetti da tumori del pancreas possono sempre beneficiare di questo approccio mininvasivo?

Per ora si è affermata la procedura atta a rimuovere i tumori del pancreas distale: per intendersi, si riesce ad eseguire la splenopancreatectomia in blocco con tecnica videolaparoscopica o robotica in un tempo operatorio accettabile, solo leggermente più lungo rispetto ai medesimi interventi eseguiti per via aperta tradizionale. Per i tumori della testa solo pochissimi chirurghi in Italia si cimentano in queste imprese che hanno il gusto della ‘sfida titanica’ ad un organo molto difficile da trattare.

In sintesi come avviene un intervento di asportazione di tumore con tecnica mini-invasiva?

Si praticano 4 o 5 fori di 1 cm o poco meno sulla parete addominale, si introducono cannule di plastica attraverso cui entrano nell’addome gli strumenti per la laparoscopia. Con pinze e forbici si fanno né più né meno che le manovre chirurgiche tradizionali, con il vantaggio che l’incisione sulla parete addominale è enormemente ridotta con miglioramenti estetici e funzionali.

Quale contributo ha apportato il sistema robotico ‘Da Vinci’ a questa procedura?

Il robot permette di eseguire con maggiore sicurezza gli interventi di chirurgia demolitiva pancreatica. Chi come me ha provato ad utilizzare il robot, poi difficilmente si “adatta” agli strumenti laparoscopici. Sicuramente abbiamo dati che dimostrano come il robot comporti un sensibile miglioramento delle performance del chirurgo che lo utilizza.

E’ molto difficile da utilizzare il sistema robotico?

E’ un lavoro di equipe, io da solo non ce la farei mai ad attrezzarlo per iniziare l’intervento. Un altro mito da sfatare è quello secondo il quale il Robot esegue automaticamente l’intervento: non è vero! Il Chirurgo rimane seduto ai comandi della macchina e in qualsiasi momento, per qualunque motivo, può staccare dal Paziente i bracci operativi del Robot e passare ad un modo di operare tradizionale. Innanzitutto deve essere garantita la sicurezza per il Paziente!

Quali vantaggi offre rispetto alla più diffusa videolaparoscopia?

Permette una visione molto più dettagliata del campo operatorio, gli strumenti all’interno dell’addome hanno nove gradi di libertà, significa che si possono muovere esattamente come un polso umano permettendo, di fatto, di eseguire manovre molto simili a quelle possibili in chirurgia aperta tradizionale, mantenendo il vantaggio di non praticare ampie incisioni sulla parete addominale che rappresentano un concreto fattore di rischio di sviluppare il temibile laparocele post-operatorio. Gli strumenti inoltre non sono soggetti a tremore e quindi l’atto chirurgico è molto più sicuro rispetto all’analogo condotto in laparoscopia.

Alcuni suoi colleghi, criticano l’utilizzo del sistema robotico, in parte per i costi piuttosto elevati dello strumentario necessario, in parte perché sostengono che non ci siano evidenze di alto livello a giustificarne l’uso intensivo.

Il problema dei costi c’è. Siamo sostanzialmente in un regime di monopolio per il quale è la ditta che lo produce che determina i prezzi sia dell’apparecchio che del materiale necessario a metterlo in uso. Noi auspichiamo che possa essere immesso in commercio un robot concorrente così da poter vedere finalmente diminuire questi costi. E’ vero tuttavia che alcune regioni riconoscono una maggiorazione nel rimborso dell’intervento se si utilizza il robot, altre stanno per arrivarci. Tuttavia mi lasci dire che se è vero che, per esempio, si riesce a conservare un numero maggiore di milze rispetto alla laparoscopia, io vorrei chiedere a coloro che non sono convinti della metodica per ragioni di ordine economico, quanto valore diamo ad una milza risparmiata con successo. Dobbiamo avere il coraggio di affermare che la qualità in sanità costa, che in Italia la spesa sanitaria rapportata al PIL è al di sotto della media europea e che gli Italiani meritano standard di sicurezza e qualità come quelli di altri paesi sviluppati.

Professor Butturini, si parla di umanizzare la sanità e le prestazioni di cura, Lei come concilia la sua attività di ogni giorno volta all’uso di questa alta tecnologia con l’umanizzazione?

E’ proprio la tecnologia che può darci di più per avvicinarci maggiormente al malato e alla sua famiglia. Le faccio l’esempio del dolore postoperatorio: non ci sono dubbi che a parità di complessità di intervento, la tecnica mininvasiva produce un dolore postoperatorio assai minore. Allora io penso, ogni giorno, che devo aumentare le mie dotazioni tecnologiche per migliorare il confort del paziente, ridurre il suo dolore postoperatorio, fargli riprendere le funzioni digestive il più rapidamente possibile e rimandarlo a casa in forma fisica ottimale e felice in tempi rapidi. Abbiamo visto come la pancreatectomia mininvasiva consenta di riprendere le proprie attività usuali e il lavoro in tre settimane contro le sei necessarie in media per lo stesso tipo di intervento condotto per via aperta. Anche questi sono costi che andrebbero calcolati quando si afferma che la robotica è troppo costosa!