L’Italia e la disabilità invisibile

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ROMA – Assente dalle priorità dell’agenda di governo, dalla manovra e dal dibattito pubblico: la disabilità in Italia è ancora “invisibile”. A denunciarlo è l’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (Anmic) durante una conferenza stampa tenutasi oggi a Roma a pochi passi da Montecitorio per richiamare l’attenzione della politica affinché vengano rispettati i diritti delle persone con disabilità sul fronte del lavoro, dell’assistenza e delle discriminazioni. “Comprendiamo che in questo momento il mondo istituzionale e politico viva una fase particolarmente delicata – ha affermato Nazaro Pagano, presidente nazionale Anmic -, ma vorremmo che lo sforzo fatto in quest’ultimo periodo, con un fecondo proliferare di normative nei confronti delle persone con disabilità, si concretizzasse in fatti concreti. Oggi, purtroppo, nelle famiglie si continua a soffrire”.

Uno dei temi che maggiormente preoccupa l’associazione è quello del lavoro e del “diritto negato al collocamento”. Secondo l’Anmic, infatti, legge che disciplina l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, la n. 68 del 99, prevede “l’assurda possibilità per i datori di lavoro di pagare un contributo esonerativo invece di assumere, magari con incentivi, le persone disabili”. Secondo l’Anmic, nel testo della legge ci sono “troppe condizioni di fronte alle quali il datore di lavoro può chiedere l’esonero” che ha un costo “decisamente inferiore rispetto a quello di assumere un dipendente”. E per Alberto Mutti, vicepresidente di Anmic, quindi, il risultato è che “tra gli aventi diritto ad un posto di lavoro e i disabili realmente collocati rimane un abisso. Gli ultimi dati disponibili risalgono al 2013 perché il governo non ha ancora presentato i dati del biennio 2014-2015, nonostante l’obbligo di farlo entro il 30 giugno dello scorso anno. In sintesi: su 680 mila disabili aventi diritto, solo 18 mila sono i collocamenti. In termini percentuali, la cifra è dunque sconvolgente: nemmeno il 3 per cento. Ogni cento disabili, nemmeno tre trovano lavoro”. Eppure, ha spiegato l’Anmic, la Costituzione parla chiaro e riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. “Lo stato che concede la possibilità i pagare per non assumere – ha continuato Mutti – non rispetta questo principio costituzionale, anzi agisce in direzione opposta. Per questo stiamo valutando la possibilità di sollecitare una questione di costituzionalità su quell’articolo della legge 68 in aperto contrasto con i dettami della Carta. Ma soprattutto saremo pressanti nella fase di stesura della ormai improrogabile riforma della disciplina, per cercare di evitare che questo principio assurdo venga confermato nella nuova legge sull’inserimento lavorativo delle persone disabili”.

Nonostante negli ultimi tempi non sia mancata l’attenzione delle istituzioni dal punto di vista normativo (si pensi ad esempio al tema del dopo di noi, ai livelli essenziali e alla riforma del terzo settore), per l’Anmic serve ancora uno sforzo per fare in modo che le norme non restino solo sulla carta. “Non servono semplici leggi-manifesto che affermano solo dichiarazioni di principio, né bastano risorse-tampone trovate sempre all’ultimo e da definire anno per anno – ha aggiunto Pagano -. Chiediamo per prima cosa di far applicare le leggi esistenti e di trovare finalmente per i disabili risorse certe ed adeguate. Questo è l’unico modo per avviare una seria programmazione pubblica degli interventi assistenziali su scala nazionale in materia di non autosufficienza, per poter fornire così una reale parità di trattamento sul territorio”. A preoccupare l’associazione, però, non è soltanto l’attuale fotografia sullo stato delle cose in Italia per quanto riguarda le condizioni di vita delle persone disabili e dei loro familiari. Le proiezioni demografiche per il futuro, infatti, “confermano che l’assistenza pubblica è destinata a implodere”, spiega l’Anmic. Le stime sul fenomeno lasciano poco spazio a diverse interpretazioni. Secondo l’associazione, infatti, i parenti che oggi convivono e prestano cure a familiari affetti da gravi disabilità o patologie invalidanti, i cosiddetti caregiver, sono oltre 3 milioni, “ma si arriva a stimare in 9 milioni il numero di italiani che, conviventi o meno, già suppliscono alla scarsità o assenza dei servizi”, specifica l’Anmic. Per questo, ha sottolineato Pagano, “occorre avviare subito la costruzione di una riforma sostenibile che garantisca un sistema di intervento adeguato e l’incremento immediato dei servizi domiciliari”. (Agenzia Redattore Sociale)

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