Carabinieri scoprono piantagione di canapa indiana tra Crotone e Isola di Capo Rizzuto, due arresti

Ieri mattina i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Crotone hanno tratto in arresto due soggetti, padre e figlio, per coltivazione e produzione di canapa indica.

Da giorni i militari stavano effettuando delle perlustrazioni appiedate nel territorio a ridosso tra le località Sant’Anna, Campione e Salica, al confine tra i Comuni di Crotone ed Isola Capo Rizzuto, ove insistono molti terreni dotati di piccole vasche d’acqua o laghetti, la cui presenza rappresenta la condizione necessaria per poter irrigare in maniera sistematica delle eventuali piantagioni di canapa indica.

Ieri mattina l’attività si è concentrata nei terreni di Antonio e Carmine Scalise, padre e figlio 59enne il primo e trentenne il secondo, nella cui azienda agricola in contrada Salica è presente un piccolo laghetto già appartenente all’Opera Sila.

Le attività di perquisizioni e controllo si sono dapprima concentrate sul rispetto delle condizioni di detenzione delle armi legalmente detenute dal trentenne per poi ispezionare la campagna circostante alcuni casolari.

È in questo frangente che Scalise Carmine, visibilmente agitato, ammetteva di aver coltivato alcune piante di marjuana e ne indicava una decina nascoste a ridosso di un pollaio; il rastrellamento dei militari invece permetteva di rinvenire ulteriori 70 piante, particolarmente sviluppate ed in procinto di essere raccolte  ( alcune alte anche due metri e mezzo), abilmente occultate tra ulivi e piante da frutta.

In relazione a quanto rinvenuto, venivano quindi tratti in arresto i due Scalise, i quali su disposizione del Pubblico Ministero di turno, Dott. Alfredo Manca venivano posti agli arresti domiciliari in attesa dell’udienza di convalida avvenuta stamattina dinanzi al Giudice Bonfantini la quale ha disposto per entrambi l’obbligo di presentazione alla p.g.

Le armi dello Scalise naturalmente venivano sequestrate in quanto erano venuti meno i requisiti di legge per la detenzione.

Le piante venivano campionate, ovvero ne veniva repertato un campione per i successivi esami volti ad individuare la percentuale di sostanza attiva, il THC ovvero tetroidrocannabinolom, e quindi distrutte in loco su autorizzazione dell’Autorità Giudiziara.

Il “raccolto” avrebbe assicurato circa 30 kg di fogliame, il quale una volta essiccato ed immesso sul mercato al dettaglio avrebbe fruttato non meno di centomila euro. (Comunicato Stampa)